mercoledì 21 marzo 2007

2 . ASTROLESCENZA

Ed infine anche per me è arrivata: l’adolescenza, quella vera, il momento agognato in cui finalmente, dopo averle sentite crescere ed agitarsi da mesi dentro di te, ti spuntano le braccia. Questi due meravigliosi accessori semiatrofizzate sono spuntati un mattino qualunque, circa un mese dopo che avevo distrutto l'esercito del Signore del Male AshtigarhoK EH Puppa nella "Battaglia del Fetore Mutante” al secondo piano della sede centrale del McDonald di Poggibonsi. In quel giorno, che oramai è solo un vacuo ricordo sulla nebbiosa tangenziale della memoria, Dio è sceso dall’Olimpo con Yog-Sothoth al guinzaglio per complimentarsi con me dell’impresa intrapresa e successevolmente terminata, e per prendere un McMohammed al vero sapore di commesso arabo mutilato in zone poco visibili. Ci siamo seduti assieme carezzati dal fresco Sole della Primavera post-apocalittica ed Egli mi ha chiesto se avessi desideri particolari da esprimergli: mettendo da parte la reverenzialità ho confessato che la forma vermoidale che Lui aveva scelto per me, nonostante l’encomiabile bellezza, aveva una serie di difetti sul piano pratico-funzionale non trascurabili. Così mi ha strizzato un occhio ed io sono diventato un ciclope fluido. Gli ho fatto notare che non erano scherzi carini, e così mi ha fatto tornare uguale a prima e ha detto che non dovevo preoccuparmi: c'è una continua mutazione in me che terminerà con il drastico ed estremamente sofferente ridursi delle funzioni motorie e respiratorie. Così L’ho ringraziato, decisamente confortato, mentre i pochi terrestri sopravvissuti si accalcavano per osservare l’ascensione a turbina invertita con motore a digestione rallentata di Dio, che intanto aveva dimenticato Yog-Sohtoth legato al cancello. Il cucciolo, attraendo i passanti con il suo ammaliante sbattere di ciglia, si è già ingoiato una decina di superstiti; fortunatamente il Robopapa li ha dogmatizzati come eretici per non contrariare l’animale del Divino.

A me non importa, ora che ho le braccia potrò finalmente rollarmi le canne e pilotare il prototipo Xb-5005 di navicella interstellare a fusione spaziotemporale di salcicce; potrò andare alla ricerca dei miei simili nell’Universo e stabilire con loro un contatto per il reciproco scambio di fluidi. Partirò stanotte, portando con me alcune scatole di saccottini alla marmellata, latte U.H.T parzialmente bevuto, maionese, burrocacao e il piede sinistro di Adelaide [custode dei miei più intimi segreti].

La luna è sorta e il tetto del garage è spalancato, pronto a rigurgitarmi verso il cielo. Tatuate nelle pareti interne dei miei glutei ci sono le coordinate stellari per cercare il Pianeta dei miei fratelli; intendiamoci, io sono un terrestre, ma il giorno della mia nascita, poco prima che mio padre scomparisse, venne scoperta un'antica ma evoluta civiltà di ominidi a cui mancava il senso dell’umorismo, situata proprio in prossimità della parte terminante del mio intestino. Questi, a causa della poca inclinazione alle risate, non furono affatto divertiti dalla mia prima flatulenza; lasciarono le loro case appestate partendo verso lo spazio aperto e lasciandomi inciso il luogo segreto in cui avrei conosciuto coloro che più mi somigliano [è impossibile sapere come facessero i microbi a conoscere tali informazioni; ad ogni modo nessuno è riuscito ancora a capire come è possibile che tre quarti di Mondo muoia di fame e il restante quarto viva obeso buttando via tanta ma davvero tanta roba ancora buona]. Fino ad ora non ero mai riuscito a premere i due pulsanti di accensione diametralmente opposti, ma adesso sono pronto: un respiro profondo, the Final Countdown, Parapara, tree, Parapappapa, tu, uan. Zero.

IGNITION. FIRE. BANG BANG. KARTOFFEN. UN CHILO DI MOZZARELLA. GO.

Il cielo. Non è così coinvolgente finché non ci sei immerso. Finché le stelle non ti toccano, ustionandoti. Finché i pinguini spaziali non ti volano accanto scomparendo tra le nebulose. Finché non senti gli Starship-Troopers cantare gli inni più in voga nella letteratura fantafascista degli anni novanta. Finché non ti accorgi di aver lasciato i saccottini sulla Terra. No! I saccottini… Fortuna che la Coca-Cola ha colonizzato la parte di Universo che ha un raggio di ventitre Siffredi [unità di misurazione per distanze astrali. Un unità corrisponde a circa tre miliardi di centimetri] intorno alla Terra. Mi fermo ad un distributore di salatini e prelevo novanta libbre di pistacchi da sgusciare; il distributore ringrazia lasciandomi in regalo il disintegratore spaziale a fotoni gay. Sono libero di ripartire alla volta delle più lontane galassie di spermatozoi monoarticolati. In realtà lo spazio, alla quarantasettesima scatola di pistacchi, risulta piuttosto ripetitivo. Certo l’emozione di trovarsi miglia e miglia lontani da casa, dover fuggire dalle piogge di meteoriti, ingaggiare battaglia con le astronavi aliene di benvenuto e farsi sanguinare i bulbi oculari oltrepassando la velocità della luce è divertente per una mezz’oretta, poi però viene a noia. Per fortuna che il computer di bordo CYBERBRAINMOKACCINO ha il tetris a colori, e con quello puoi andare avanti settimane senza sentire gli stimoli di fame, sete o morte. Le distanze siderali passano oltre l’oblò mentre il supercervellone elettronico indirizza l’astronave verso la risposta ai miei quesiti mai posti; non c’è ansia né aspettativa, solo blocchi che si sovrappongono e, intersecandosi, si annullano a vicenda lungo l’asse orizzontale. Un rombo, l'astronave trema, c'è della polvere che si alza intorno alla navicella.

- We’re arrivat, master; me prepear for Atterragg; Allacc your Cintur of Safety – sibila digitale l’entità pensante, rendendo fatale per la prosecuzione del gioco la mia perdita di attenzione.

Sono finalmente arrivato dove tutto ha un inizio, dove la mia precoitale solitaria esistenza acquista un senso, dove potrò chiarire una volta per tutte la mia somiglianza innata con un wurstel pensante. La ricerca ha inizio. Scendo dalla navicella. Il pianeta dove abitano i miei quattro simili è tipo un incrocio tra un cervello [a causa delle rughe che trapassano il suolo] e un ascella [a causa dei peli che escono dal terreno e dall’odore dell’aria]. Il cielo è giallo e arancione a strati gommosi alternati; il suolo è rosa-fluo con alcuni pois verdi; non ci sono tracce di vegetazione, ma la fauna locale è alquanto strana: trattasi di nere blatte ingigantite da chissà quale folle esperimento genetico che si portano appresso grossi blocchi di muco biancastro che fuoriesce con scioltezza dal terreno, nelle zone sottoposte a pressione. Tali infelici bestie sono dotate di quindici zampe di cui soltanto tre funzionanti, sfortunatamente tutte dalla stessa parte, per cui sono costrette a trascinarsi su un fianco; i quattro occhi strabici osservano il Mondo con strane angolazioni senza mai vedere dove verrebbero indirizzarsi; la corazza è stretta nelle giunture per bloccare il più possibile i movimenti. Ma ciò che più tormenta questi apocrifi animali è la necessaria ma dolorosa e complicata riproduzione. I Blotsrifi [questo è il nome delle creature tormentate] sono costretti a intraprendere la propria triste moltiplicazione ogni trentotto minuti esatti [pena per la mancanza l’attorcigliamento degli organi interni] utilizzando la poltiglia biancastra come gomma da masticare che, al contatto con la saliva, diventa granitica; dopo la solidificazione essi devono utilizzare il composto ottenuto come clistere nel tentativo di far uscire dalla bocca [prima che esploda] il contenuto ovulare dei loro involuti esofagi, formatosi in seguito all’ingestione dei peli spinosi e orticanti che crescono rigogliosamente sul pianeta. Per covare il nido ogni blotsrifo deve poi inghiottire il rigurgito di un suo simile e rimetterlo nuovamente dopo diciasette minuti, tempo della gestazione; al termine del procedimento i nuovi blotsrifi devono iniziare la deprimente danza dell’esistenza. Il vero problema è che nessuno li ha mai avvertiti che i blotsrifi non hanno organi interni che possano attorcigliarsi, e il loro timore per la tortura a cui sarebbero sottoposti in caso di astinenza riproduttiva è totalmente infondato. Quindi alziamo le dita e deridiamo assieme con rispetto questi stupidi animali del Pianeta Sperminfec.

A cosa è servita questa noiosa digressione? A permettermi di cercare in giro per il pianeta qualcosa che non fossero animaletti sfigati e peli. Considerando che la superficie del Pianeta è paragonabile alla dilatazione massima di un poro devo ammettere di aver effettuato una ricerca alquanto breve e inconcludente. Non avrò mai le risposte alla mia Esistenza. Poco male, ho il tetris. Mi chiedo soltanto se gli ometti anali che tanto tempo fa volarono lontano non si siano gabbati di me o siano evoluti nelle creature che mi si parano di fronte. Altre tragiche domande senza soluzione, se non quella che è la Vita stessa, con la sua inconoscibilatà, a rappresentare l’unica risposta. In segno di rispetto verso i miei precocemente scomparsi simili depongo a terra il piede di Adelaide, che avrei comunque offerto loro come ringraziamento per non avermi lasciato solo con la mia bellezza nell’Universo [e perché puzza e non voglio fare ritorno sulla Terra con quel fetore addosso]; rientro nella navicella comunque soddisfatto di poter tornare a giocare a tetris e affido al buon vecchio computer il compito di fare rotto verso la terra. La nave stellare si inabissa di mezzo metro nel terreno, che emette un grido di immenso dolore da spiaccicamento e secerne due tonnellate di muco che si riversa sui blotsrifi, uccidendoli tutti all’istante. Specifico meglio che la T di Terra era maiuscola e partiamo così di nuovo verso casa, verso altre magiche avventure.

Voce del Narratore:

“Forse il nostro spermo avrebbe dovuto smettere di pensare per un po’ al tetris e soffermarsi di più nella ricerca, aguzzando il suo innato ingegno e scaltrezza mentale soprattutto nell’udire la terra del pianeta gemere sotto di lui [evento alquanto improbabile]. Bruciacchiati dai post-bruciatori, schiacciati dal peso dell’astronave e infilzati dai peli stanno adesso tre figure immobili che fissano il cielo stupite; congelate in questa posizione morente i tre spermatozoi infecondati rimasti nell'universo guardano il loro quarto fratello andarsene. Lo avevano aspettato a lungo confidando nell'interpretazione di un catalogo dell'ikea, che aveva rivelato loro il giorno l’ora e lo specifico punto del Pianeta in cui sarebbe atterrato. Dalle mani del maggiore scivola via la pergamena, il regalo per il fratel prodigo, contenente le risposte alla Vita, nonostante la Vita sia già da sola una risposta.”

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