giovedì 25 settembre 2008

L A B B R A

Sono solo labbra. Frammenti di carne che si infrangono in silenzio per reciproca ammissione. Senza aver detto una parola le labbra si muovono, danzano per se stesse e per gli altri, per parlare in ogni momento in cui non si riesce ad ascoltare; ho visto labbra tremare e labbra perfette andarsene senza essersi mosse, labbra che si mascheravano per sentirsi migliori per mascherare le parole che non sarebbero mai riuscite a pronunciare, labbra senza senso che faceva senso pensare di entrarvi. Labbra per raccontare momenti di tristezza incurvati in basso o per rabbia tirate spalancate pronte a mordere e compensare la violenza di tutto quello che non si è potuto dire, labbra che lottano con gli occhi per dissociazioni emotive, che hanno parlato troppo e adesso non sanno più cosa dire, e si mordono timide per essere state osservate forse oltre ciò che la morale impone in leggi mai scritte. Sono solo labbra quelle che hanno il potere di lasciarti andare e riprenderti nei momenti opportuni, quelle che possono ridere e trattenere le lacrime assaporandone l’amarezza, labbra prima del baratro e del paese delle meraviglie ti tengono sospeso la notte ad aspettare con chiacchere superflue per uccidere gli istanti prima delle labbra, prima di potersi affermare per avere una risposta che a volte si da solo con le labbra e sembra una verità assoluta che nessun altro potrà mai possedere. Sono solo labbra quelle che pronunciano illusioni in cui avvolgersi e cullarsi, a volte sono nella nostra bocca, a volte no, perché sono le labbra a decidere, a trasportarci dove vogliono modificando dopo ogni parola l’intenzione di quelle labbra che già sanno di poter avere ancora quella stupida assoluta emozione di essere sulla carne calda e umida di labbra che non sono più estranee tra loro. Labbra con realtà soggettive valide per pochi, per se stessi e una figura transitoria che si trova a passare su queste sensazoni di pelle nervosa, labbra per negarsi e indicare la prossima esplosione, per osservare le proprie macerie a labbra aperte, per descrivere la paura di ciò che sembra lontano dalle quelle che sono solo labbra, ma non sono le mie, e fanno a pezzi.

lunedì 15 settembre 2008

E.laMorte

Siena - Si chiamava Eleonora ed aveva vent’anni. E’ morta a causa di un mix sbagliato di alcol e droghe assunto durante un rave-party a Sovicille in provincia di Siena. Ma sarà l’autopsia a stabilire l’esatta causa del decesso. Una quindicina i giovani interrogati. Eleonora era partita sabato sera da Siena insieme alla sorella e ad un gruppo di amici per andare alla festa organizzata da gruppi di 'punkabbestia' in un capanno di caccia nel territorio comunale di Sovicille grazie al tam-tam scattato attraverso internet e catene di "sms" […]

Alle 9:30 stavo lottando contro la sveglia per non alzarmi, e a qualche chilometro da me un’altra persona finiva di lottare per svegliarsi, senza potersi alzare più, senza più alba negli occhi, solo il tramonto prima della festa, le ultima parole agli amici, gli ultimi passi scanditi dai bassi potenti di un subwoofer. Per essere precisi si chiamava Eleonora LaMorte, e il suo cognome non le ha portato fortuna. Ketamina è il nome del suo omicida, Eleonora è il nome del suo omicida, Noia probabilmente un complice, Rave un evento sociale in cui ognuno decide personalmente come arrivare un po’ più lontano, come tendersi verso altri significati personali, per sentirsi più espansi dell’Universo. A volte una pasticca è come un amante, forse ancora più profondo e letale, ci tiene la mano fredda dopo giorni di pioggia fitta e grigia, e come si fa a non voler essere amati quando tutto il cielo ci circonda di lacrime, e senti che neanche lui può farcela senza un aiuto. Una droga sintetica è l’ombrello, il giaccone impermeabile, la sciarpa e il fiato della persona che abbiamo accanto che si condensa vicino alla stessa aria che stiamo respirando, insieme. Solo che una dose è soggettiva, individualista, sola come chi la lascia sciogliere lentamente sulle proprie percezioni fino a partarle al collasso. Forse nell’atto stesso della Morte ha raggiunto una dimensione che in pochi hanno vissuto per l’estremo sacrificio richiesto, forse è solo passata su un altro profondo piano dell’esistenza, forse è morta a vent’anni, come chiunque abbia vent’anni e non sappia che farsene. Fine della prospettiva. E anche se non ho senso e di questo sono convinto, perché sono graziato e qualcun’altro muore? Una persona che forse cercava davvero qualcosa, che non perdeva pomeriggi a piangersi addosso ma aveva deciso di fare passi lunghissimi per mettersi alla prova: uno stupefacente è ginnastica per la mente e lo spirito, e il corpo deve poter reggere la pressione sensoriale imposta. Dovrebbe e a volte non può. Sarebbe troppo bello resistere, farcela sempre, ma la morte è la fine, più o meno. “As you lie here, does it feel / As if it was such a good idea / In tempting fate / Are you sorry now?” ed essere a pezzi, perché in fondo era bella senza voler essere oggettivi, affascinata e curiosa, mora con un Monroe d’acciaio che l’aiutava a sorridere. Cresciuta a Siena ma evanescente, frammentata e discontinua, parte di una congrega di fiammiferi in un incendio, a volte si brucia. Nessuno cerca la Morte, non chi si droga, non chi si lascia divorare, non chi beve, non chi si uccide, nessuno vuole veramente morire, desidera solo qualcosa di più intenso della vita possibile in un giorno di pioggia. Stasera è a te che penso e a te dedico una lacrima, oggi per te l’oblio e per noi l’immagine di quei pochi attimi che ti abbiamo vista passare, ancora ricordi per qualcosa che non c’è più. Domani torneremo a vivere, ma solo domani, oggi non è il caso.

A vent’anni tutto è fatale se si sceglie di essere fragili.

domenica 14 settembre 2008

frazioni di fratture

Sensoriale
oblio senza risa
che ci annulla

Strappare chicchi d’uva dal raspo, al cospetto della luna osservarne i rilessi, inestricabili puzzle d’ombra formati dai raggi dopo giorni di cieli spezzati, tumultuose si susseguono le nuvole divorate come questi frutti di settembre, nati dal marcio, dalla mutazione attraverso la morte trascendere e trovare dolcezza, tutti cadiamo mentre giochi d’attese senza regole vengono portati avanti con la sottile noncuranza che li rende fatali. Ticchettare le dita e osservare il gaudio borghese invitato a cena da persone con cui condivido solo a volte il genoma e il destino, mangiare senza ridere per umorismi non allineabili parlare di se senza svelare che non siamo noi ad aprire bocca ma usiamo cortesie circostanziali dovute alla socievolezza innata di animali che continuano ad aspettare, chi la musa chi lo stipendio, e gli uni non dipendono dagli altri se il denaro ci rende lipidici, la musa libidici. Vederci mangiati dalle portate, il corpo si gonfia pieno di se vuole esprimersi con gesti di ampia approvazione e banale consuetudine applaudire e vomitare di nascosto per i successi degli altri, sorridere poi rievocare il dolore di chi non è presente per ricordarci la dedizione alla catastrofe, inevitabile? Ci nutriamo di sofferenze, sorrow / pain, che suonano così male forse perché esprimono il male che non è tale se si considera l’esperienza ed è assoluto se non si riesce mai a fare un passo oltre, tornare. Trovare Amore per queste pagine digitali, un giochetto per demoni, più difficile per mortali aprospettici che invece di aspettare eseguono rituali stanchi e nel momento in cui l’attesa finisce, sempre troppo tardi, osservano quello che hanno ottenuto nel frattempo lo rinnegano, come padri di un coito interrotto volontariamente. Chiuso, ho bevuto troppo fumato un po’ annientato altrettanto dall’immobile vetro che sorregge la fronte di un giorno in casa, osservare stanco dei mutamenti informi desidero senso essenziale, capire perché nella musica degli iLiKETRAiNS è la traccia sette a destarmi dal vuoto. Ripetersi fa parte del ciclo, ma bisogna sapersi improvvisare vortici a volte per portarci via. Niente panico, il vento ci porterà.

Come il freddo che mi ha reso permeabile alla pioggia ho urlato senza sentirmi sapevo di usare parole non mie per descrivermi al cielo volgere le braccia ed aggrapparsi all’aria e i suoi castelli, memorie di un passato prossimo. Evoluzione beatamente fallita insegna il decadimento compositivo della sostanza instabile che ci compone, buonanotte.

lunedì 1 settembre 2008

H A i K U

oggi sogno di
cadere insieme
la pioggia

[desiderio]

del temporale
per tornare sereno
il coraggio