domenica 14 settembre 2008

frazioni di fratture

Sensoriale
oblio senza risa
che ci annulla

Strappare chicchi d’uva dal raspo, al cospetto della luna osservarne i rilessi, inestricabili puzzle d’ombra formati dai raggi dopo giorni di cieli spezzati, tumultuose si susseguono le nuvole divorate come questi frutti di settembre, nati dal marcio, dalla mutazione attraverso la morte trascendere e trovare dolcezza, tutti cadiamo mentre giochi d’attese senza regole vengono portati avanti con la sottile noncuranza che li rende fatali. Ticchettare le dita e osservare il gaudio borghese invitato a cena da persone con cui condivido solo a volte il genoma e il destino, mangiare senza ridere per umorismi non allineabili parlare di se senza svelare che non siamo noi ad aprire bocca ma usiamo cortesie circostanziali dovute alla socievolezza innata di animali che continuano ad aspettare, chi la musa chi lo stipendio, e gli uni non dipendono dagli altri se il denaro ci rende lipidici, la musa libidici. Vederci mangiati dalle portate, il corpo si gonfia pieno di se vuole esprimersi con gesti di ampia approvazione e banale consuetudine applaudire e vomitare di nascosto per i successi degli altri, sorridere poi rievocare il dolore di chi non è presente per ricordarci la dedizione alla catastrofe, inevitabile? Ci nutriamo di sofferenze, sorrow / pain, che suonano così male forse perché esprimono il male che non è tale se si considera l’esperienza ed è assoluto se non si riesce mai a fare un passo oltre, tornare. Trovare Amore per queste pagine digitali, un giochetto per demoni, più difficile per mortali aprospettici che invece di aspettare eseguono rituali stanchi e nel momento in cui l’attesa finisce, sempre troppo tardi, osservano quello che hanno ottenuto nel frattempo lo rinnegano, come padri di un coito interrotto volontariamente. Chiuso, ho bevuto troppo fumato un po’ annientato altrettanto dall’immobile vetro che sorregge la fronte di un giorno in casa, osservare stanco dei mutamenti informi desidero senso essenziale, capire perché nella musica degli iLiKETRAiNS è la traccia sette a destarmi dal vuoto. Ripetersi fa parte del ciclo, ma bisogna sapersi improvvisare vortici a volte per portarci via. Niente panico, il vento ci porterà.

Come il freddo che mi ha reso permeabile alla pioggia ho urlato senza sentirmi sapevo di usare parole non mie per descrivermi al cielo volgere le braccia ed aggrapparsi all’aria e i suoi castelli, memorie di un passato prossimo. Evoluzione beatamente fallita insegna il decadimento compositivo della sostanza instabile che ci compone, buonanotte.

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