Uno stato di polvere ovvero pelle capelli avanzi terra plastica buone intenzioni tutte quante mischiate sul pavimento lungo le pareti di questa stanza anche oggi si mangia nella colonia organizzata attraverso una precisa struttura che segue l’ordine naturale del mantenimento della specie suddivisa in scala gerarchica probabilmente ereditaria io non posso saperlo ho il cervello grande come quello di una formica per cui è tutto molto più grande di me eppure non ho mai sofferto di depressione non conosco rimedi a malattie inesistenti io sono programmata e solo parzialmente consapevole del molto che mi circonda che non è mai tutto ma sempre abbastanza per la colonia lo sporco è cibo il decadimento è vita che si ricicla attraverso lo sforzo la continuità dei nostri ruoli rimpiazzabili noi siamo l’unisono in cui l’individuo è solo numero indispensabile ed è per questo che sto cercando nutrimento nel buio i miei sensi si tendono e mi dirigono permettono di scegliere carichi più pesanti che non portano gloria solo una suddivisione più abbondante ed è per questo che esisto nascosta mi dirigo afferro trascino e poi questo rumore questo rumore terribile questo rombo sommesso che fa vibrare il suolo e questa lama di luce che taglia il travestimento d’ombra mi svela una porzione di realtà che è puro orrore e non posso ragionare di causa effetto eppure so che adesso devo scappare non è vile solo troppo lenta vengo risucchiata via spinta attraverso l’esofago verde fino allo stomaco in tempesta sto affogando lungo l’istinto un ultimo tremito di disperazione mi fa muovere le antenne e percepire la mia colonia l’intera colonia trascinata con me nel vortice io sto morendo io ero viva e adesso sto morendo e con me la colonia e questa è una catastrofe ma io sono vivo ma io sono diverso oggi devo pulire questa stanza che è uno schifo ma la vita dev’essere mantenuta scandendo bioritmi culturali imposti concordati interpretati da un panno spray cenci acqua prodotti chimici manodopera scazzata e l’aspirapolvere avete anche voi riconosciuto l’aspirapolvere pilotato dal narratore contro l’estesa porzione visibile di un formicaio che abita le pareti e scava cunicoli e usa il tempo della pigrizia per aumentare complessità e poi essere spazzato via mai del tutto dal destino crudele in forma umana manifestazione della natura che attacca una natura diversa ma intrinseca allo stesso piano dell’esistenza per essere precisi il primo piano della borghesia periferica senese pulita educata a tal punto che è proprio l’educazione a insegnarmi il rispetto della vita che si è estende all’esistenza stessa e non alle somiglianze più superficiali ma alla compartecipazione di creature ed entità e allora mi fermo e penso alla semplicità della catastrofe al disinteressato assassinio di massa con la coscienza che il valore di una vita non cambia a seconda della differente complessità delle parti in gioco sono fermo e so che adesso è tardi per rimpiangere l’azione commessa e so che agendo di nuovo ucciderò ancora per pulire mangiare vestire muovermi sempre senza rimpianti nella quasi mai consapevolezza che devo muovermi coi tempi che corrono deve andare veloce davanti al computer ho scoperto di un’onda che spazza via la costa le vite di un paese lontano e sono impaurito e triste e fortunato e piccolo e impotente e soprattutto lontano tanto lontano che una catastrofe con un’altra catastrofe si confonde e mi confonde allora non capisco se anche io sono manifestazione della natura quello che accade è inevitabile anzi necessario alla sopravvivenza dell’entità con più potenziale in una struttura potenzialmente infinita dove i drammi si riducono a zero.
Rallentiamo.
In una struttura potenzialmente infinita dove i drammi si riducono a zero non c’è catastrofe nemmeno gioia solo flusso continuo di esistenza e manifestazioni dove siamo solo un fortunato veloce passaggio bramiamo conoscenza inseguiamo la verità che ci spetta e allora dimmi metamorfosi perché senza ulteriori spiegazioni ci lasci nel gorgo?
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