Ok, effettivamente non ci sono grosse sorprese, sarà perché il libro tratta di un infanticidio commesso dai genitori della vittima, pratica abbastanza diffusa globalmente su cui è già stato versato tanto [troppo] inchiostro, ma questo libro è davvero ganzo. Parla d’amore? No, cioè, parla anche di persone innamorate e di varie forme d’amore [uomo-donna, uomo-uomo, uomo-bambino, donna-piante…], ma parla soprattutto delle persone, anzi, ATTRAVERSO le persone, ed è questa la figata. Buona parte del libro ci permette di scoprire i retroscena dell’infanticidio immersi in una stasi temporale dove prendono parola i personaggi che in qualche modo ruotano intorno all’evento: parlano familiari alienati, vicini impiccioni, poliziotti sensibili, i colpevoli, gli amici, i magistrati e ognuno, raccontando la propria implicazione, svela se stesso con una profondità e una precisione incredibili [toh, guarda caso l’autrice è una psicoterapeuta]. Nell’ultima parte compare la “quarta” dimensione narrativa e la vicenda va avanti con i genitori killer processati e imprigionati, ma la situazione si surrealizza e sfugge leggermente dalle mani della scrittrice, tanto che il finale traballa un po’. Perdonata comunque. Si esce dalla lettura con delle consapevolezze in più su quello che si muove negli esseri umani e in noi, siamo stati costretti a farci delle domande e a formulare dei giudizi che si rivelano inevitabilmente parziali, siamo meno sicuri e più sensibili. E questo grazie a una donna.
Un libro per chi legge i giornali e pensa di saperla lunga, un libro per chi pensa di essere buono, un libro per chi è innamorato o non lo è mai stato.
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