martedì 4 gennaio 2011

DENTRO

Molto carina. Sarà sui trent’anni, ha un filo di trucco più del necessario e quando sorride le rughe intorno agli occhi tendono ad ispessirsi. E mi entra dentro con un trapano. Non è cattiva, gliel’ho chiesto io, pensavo che sarebbe stato giusto farlo, e adesso sono fermo sotto di lei mentre intorno schizzano sangue e pezzettini di carne, e ci starei ripensando. Lei mi guarda con i suoi occhiali enormi ma non sorride più, sembra molto assorta. Provo a concentrarmi sulla luce che ci pende sopra, è grande e gialla e mi fa stare bene. Guardo le mani di lei che si muovono esperte con il trapano in mano, deve averlo fatto altre volte, ma non riesco a pensare alle altre persone che si sono fatte fare questo. Beh, ad essere sincero fin qui non è stato così terribile, non come quando arriva alle ossa e inizia a girarci intorno con quella sua punta che affonda, struscia, leviga, buca, vibra, e le vibrazioni mi si diffondono lungo tutto le scheletro, facendo vibrare anche me. Il trapano gira e lei forse si sta divertendo, non capisco, non più, mi sto sconnettendo, lei affonda e io affondo. Ho ancora gli occhiali che lentamente mi offuscano il campo visivo di sfumature dense. Torno a fissarmi su di lei, sui guanti in lattice, li ha messi per non sporcarsi troppo; le sue dita dentro di me, in profondità. A un certo punto smette, spegne il trapano, e mentirei se dicessi che non provo sollievo. È qui che tira fuori il gancio: è piccolo ma abbastanza affilato, infilza nelle ossa e strappa via dei pezzettini, infilza e strappa, e poi con la punta gratta, gratta, gratta, lo stesso suono di una grattugia su un sasso sensibile. Schegge che mi si spargono addosso e intorno, basta, non è più divertente, è troppo vicina al mio sistema nervoso che quasi mi solletica, è strano ma mi viene da sorridere, sono andato. Provo a inghiottire per scaricare la tensione, è più difficile di quanto mi ricordassi e ho in bocca un sapore schifoso, e allora sputo un bolo di muco, sangue e pezzi di altra roba. Lei si ferma un attimo e mi offre da bere, ma io non ce la faccio a buttare giù e sputo ancora, ho la nausea, quasi vomito. Lei riparte, ha cambiato ancora, mi sta guardando dentro con una torcia e spazzolando le ossa, le setole sembrano aghi che si infilano in ogni pertugio che mi ha aperto dentro. Ancora una volta mi focalizzo sulle sue mani, riesco a vedere la trama del lattice, i leggeri rigonfiamenti plastici che brillano sotto la luce artificiale. Si alza, posa i suoi attrezzi e mi fa ingoiare un fluido trasparente denso e amaro, mi ordina di tenerlo in bocca. Io obbedisco e resto lì, paralizzato, sperando che tutto questo finisca presto, non voglio che succeda più ma so che accadrà ancora. Lei mi guarda, è davvero carina, cosa non si farebbe per una donna così.

- … e si ricordi di lavare i denti tre volte al giorno, e di usare il filo interdentale.

- D’accordo.

- Bene, allora fanno 320 euro.

- … ehm … posso riavere indietro il tartaro?

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