domenica 22 luglio 2007

tutto quello che avreste voluto sapere sulle alghe e non avete mai osato chiedere!

Quiete di Sabbia


Risacca. Lembi d’acqua mi scorrono attorno ai piedi poggiati sulla Sabbia, rimuovendo lentamente i granelli superflui da sotto di me, portando via una sottile lamina della spiaggia che mi circonda e risuona di urla e cellulari e si fonde con il grasso proveniente dall’inizio del nuovo e del vecchio secolo insaccato in plastiche idrofobe. Ho compiuto da poco 9 anni e ho i capelli neri e lunghi, ma questi 2 eventi non sono consequenziali; la conseguenza del primo caso è che dietro di me i miei presunti genitori, discorrendo animatamente con i vicini di ombrellone, si sono dimenticati della mia esistenza per esaltare le alte qualità che vedono rifulgere in me [fin da questa tenera età] con gli occhi illusi pieni della speranza in una fortuna che non hanno avuto modo di ottenere con le loro misere forze; la conseguenza del secondo evento è che sono mora e ho caldo, e nel cercare refrigerio mi sono diretta fino alla soglia.

La soglia non è come la sogliola, che è un pesce. La soglia è come un anfibio astratto, sta tra il Mare e la Sabbia asciutta; in questo lembo di realtà c’è troppa poca acqua per poter sostenere di essere nel Mare e si è più bagnati di quanto può essere bagnata una persona sulla spiaggia, a meno che non sia appena uscita dal Mare; ma in questo caso non parliamo di soglia o di sogliole, ma di bagnante, che è un errore grammaticale perché il bagnante non è colui che bagna, ma colui che è bagnato; fortunatamente un ipotesi non esclude l’altra, quindi non siamo costretti ad entrare nel campo del paradossale. In realtà non andiamo da nessuna parte, perché io sono sulla soglia a fissare le mie caviglie mentre l’acqua le rinfresca, e con loro rinfresca tutto il resto del corpo. Che buffo, i piedi sono scomparsi nella Sabbia a forza di acqua che toglie granelli; questo è importante per capire come eventi importanti partano dai piccoli gesti fatti con costanza e decisione. Il Mare è un tipo deciso, perché è da quando sono nata che ogni anno ci vengo [e questo fa della mia una famiglia decisa ad andare al Mare], e ogni anno lui fa lo stesso movimento da appena arriviamo finchè non ce ne andiamo; non so se prima o dopo faccia altro, non posso saperlo perché le foto sul Mare che guardo d’Inverno sono tutte immobili. Il movimento che fa il Mare si chiama risacca; se metti il tuo corpo nel Mare e rilassandoti pensi di essere spuma e onde entri a far parte della risacca, ma poi i genitori iniziano a urlare che sei morta e devi smettere. In questo modo non si è mai risacca fino in fondo, ma in quei pochi attimi puoi pensare di non essere più importante di una bollicina d’ossigeno che si scontra e si ama con 2 di Idrogeno, e non so se questo è un pensiero stupido, io lo trovo molto leggero; il Mare è un ballerino che non è mai tirato indietro ogni volta che ho voluto danzare con lui; il Mare è un amante segreto, perché i miei genitori non lo sanno, ma noi ci baciamo tra le onde. Bacio anche la Sabbia, e non so se il Mare se n’è accorto, ma spero comunque che non sia geloso, perché ogni volta che fa diventare troppo fresco tutto intorno a me mi rotolo nella sabbia calda e su di me il Mare e la Sabbia diventano soglia, ed è come se io fossi il collante tra 2 mondi. Il più geloso di tutti su questa spiaggia è il Sole, perché quando si accorge che sto sospesa nella soglia fa sciogliere il Mare rimasto su di me, e la Sabbia triste scivola via; ad ogni modo non odio il Sole, lui non ha amanti ed è Solo [che penso fosse il suo primo nome, poi qualcuno deve aver sbagliato all’anagrafe]. A volte mi perdo nei pensieri su quello che mi circonda, perché ci sono molte cose bellissime e altrettante orribili su cui soffermarsi mentre il Mare ti lambisce le ginocchia.

Alcune tra le cose brutte delle spiagge si chiamano vecchi; io ho una nonna bellissima e tutti dicono che è vecchia, ma per me è solo nonna. Invece i vecchi delle spiagge sono come le balene, non capiscono nulla della risacca e la usano solo per arenarsi e dalla loro posizione riversa lamentarsi di quanto sia crudele la vita per una balecchio arenato. Alcuni di questi sono così brutti che la loro pelle vuole andarsene e si allunga molto, ma alla fine non ce la fa mai a fuggire e rimane sui vecchi, rendendoli ancora più brutti. Mia mamma dice che la bellezza è relativa, e non devo parlare così perché per ora sono giovane e bella ma un giorno sarò come loro; io penso che mia mamma è un po’ cretina se pensa che io voglia diventare così da grande; però le sorrido lo stesso e annuisco perché sono compassionevole. In realtà sulla spiaggia ci sono anche dei nonni, che a prima vista possono sembrare come i vecchi, ma bisogna essere proprio scemi per confonderli. A parte che sono visibilmente più belli e agili si distinguono per un particolare fondamentale: il nipotino accanto; non importa sul il nipote è brutto e grasso e piange, il nonno gli vuole bene e con questo si distingue dal vecchio. Non so cosa succede se togli il nipotino al nonno, ma penso che questa eventualità non sia possibile, quindi è con la Sabbia tutt’intorno alle cosce che posso affermare che da grande, ma molto molto grande, voglio essere nonna.

Altre cose simili alle balene sono le persone grasse, ma da piccola [perché si può essere più piccoli di così ma capire lo stesso molte cose] mi hanno insegnato che alla fine bisogna cercare di evitare di puntare il dito verso le persone e dire loro cosa si pensa guardandole, perché la Verità brucia più del Sole d’Estate, e brucia tutto l’anno; io non sono cattiva, e quando mi si dice che qualcosa può far soffrire le persone più di quanto già soffrano io non la faccio, desiderando forte che i problemi possano risolversi sempre. Poi vengo al Mare, e vedo che non si sono risolti; poco male, si risolveranno, e se anche questo non succederà il mio dito inquisitorio rimarrà stretto nel pugno, e non proferirò parola riguardo a ciò che non è bello almeno quanto me.

Questo può essere un problema visto che mi è stato insegnato da sempre che non c’è niente più bello di me, anche se vedo tante cose che potrebbero farmi concorrenza: un surf che segue il respiro del vento, la brezza salmastra, la decapitazione di un gelato, il costume del bagnino, le persone che si baciano sulla sabbia ignorando la dimensione pubblica dell’esistenza, i granchi che scompaiono nel tempo di un onda. Questo si è un fenomeno eccezionale: i piccoli esseri chelati si nascondono nella Sabbia sotto al Mare, in dei canaletti che si formano naturalmente grazie alla risacca; quando qualcuno ci passa sopra o accanto i crostacei escono e iniziano a camminare storti verso un punto imprecisato, fino al momento in cui vedono [grazie anche al fatto di avere gli occhi su dei pispoli infilati nella schiena] un onda che gli passa sopra, spumeggiando e infrangendosi, creando un discontinuità tale nella percezione di tutti i potenziali osservatori che i granchietti si sentono al sicuro per darsi degna e immediata sepoltura. Da poco mi è passato accanto un ragazzo un po’ scemo che si è messo a inseguirne uno, ma l’ha perso in uno di questi momenti di nascondimento; questo lo so perché adesso il granchio è nella sabbia e mi sta pizzicando sotto all’ombelico. Il ragazzo se n’è andato placido con le braccia dietro la schiena, penso che si senta molto importante e abbronzato, invece è solo rosso; ho visto che mi guardava e sorrideva, ma non credo di piacergli, credo più che pensasse di scrivere una storia su di me, o usarmi come pretesto per raccontare parte delle sue vacanze da spocchioso qualunquista sputasentenze; credo che ci riuscirà. Nel frattempo il granchio se n’è andato dal mio stomaco e, visto che sento i movimenti un po’ impacciati, sto immobile e contemplo il Mare, che con il suo moto perpetuo sembra voglia chiamarmi a se.

Anche ieri notte faceva così: c’era la Luna piena che rifletteva sul Mare interrotta a tratti dalle nuvole; anche il suo riflesso risultava distorto e discontinuo, tanto da farmi pensare che tante lune quante erano le luci separate nel Mare aspettassero solo un cenno della sorella maggiore per sorgere e splendere con lei; ma non è successo, e le mie palpebre si sono fatte pesanti, tanto da nascondermi la vista e riaprirsi solo stamani, quando mi sono trovata nel letto e già il Sole splendeva oltre le tende di plastica rigida con fori a scorrimento verticale [giuro non mi viene il termine tecnico]. Non so chi abbia istituito questa convenzione internazionale su quante e quali devono essere le ore di sonno, ma secondo me l’attuale piano di veglia e coricamento necessita di un aggiornamento: ma dove si è visto che un momento della giornata così importante e profondo se ne vada vanificato nel sonno dello stanco come dell’annoiato come per il mondo civilizzato degli orologi. Acqua e sabbia mi finirebbero sul seno se ne avessi uno, ma ciò non accade, anche se nonostante questo continuo a coprirmi lo stesso queste zone, perché mi hanno spiegato [e se non l’hanno fatto ho capito da sola] che l’immaginazione ha potere sugli occhi e ciò che riescono a vedere.

C’è comunque un altro strano evento a cui può capitare di assistere se si viene al Mare, soprattutto in spiagge in cui ci sono molte persone giovani [ma non più giovani di me]: le ragazze della nostra specie, pur coprendosi il seno, più ne hanno e meno lo coprono; i più furbi di voi diranno che è una normale conseguenza del fatto di avere la stessa superficie di tessuto per coprire una diversa quantità di seno: illusi! Le più procaci di queste sirenette dal bikini minimalista se ne stanno in giro spalmate di ultrabbronzante e di uomini bozzoluti dagli slip bozzoluti, che a me fanno ridere e non solo a me, visto che ho notato le ragazze e le mamme delle ragazze guardare e ammiccare compiaciute. Un uomo con un costume-slip è un po’ come una pera rovesciata a cui, per coprire il picciolo, è stata messa una foglia ritagliata a forma di picciolo; che senso ha? Nessuno, ma l’umanità la chiama morale, o pudore, e così si sente protetta dalla vergogna di mostrare che sotto la foglia qualcuno deve aver già tolto il picciolo, lasciando solo un moncherino rugoso. Comunque queste creature balneari sembrano gioire della reciproca compagnia, scherzano, si rincorrono, tra bitorzoli si picchiettano per finta mentre le sirene emettono acute grida di approvazione e giocosità. Viene da chiedersi come mai Ulisse sia rimasto incantato dal loro canto [ed è meravigliosa l’assonanza tra queste 2 parole]; i suoni che sento mi punzecchiano il cervello, e anche quando parlano normalmente i concetti espressi fanno venire voglia di sprofondare per non dover più sentirsi parte della stessa razza.

Ora che ho il mento appoggiato sulla soglia il mondo ha assunto una prospettiva diversa ma, nonostante le persone possano sembrare dei giganti, capisco che sono di nuovo gli occhi a trarre in inganno, e che spesso la prospettiva da cui si vive può alterare il modo con cui osserviamo il Mondo scorrerci accanto indifferente. Può sembrare strano, ma il sole annebbia, dentro la scatola cranica fa bollire il cervello e con lui i pensieri, le preoccupazioni, le questioni non risolte o irrisolvibili; quasi tutte le creature marittime sono qui per farsi evaporare il cervello! Ma non tutto il pianeta è coinvolto in questa spirale perversa di auto-annullamento: sulla sabbia qualcuno si pone ancora delle domande, ma le risposte non sembrano interessare, meglio inseguire un astratta potenzialità che rivelare la banalità di non riuscire a spiegarsi tante, troppe cose. È così che viviamo, inseguendo la risacca del Mare senza riuscire a starle dietro, altalenando tra condizioni umane senza capirle, e sentendoci divini, speciali, unici per qualcosa che, come tutti, abbiamo soltanto noi. Ingoio una respiro di sabbia mentre i miei occhi del colore del ghiaccio al polo-nord osservano la superficie del Mare perdersi in lontananza, interrotta solo dai corpi più o meno a galla dei bagnati che si immergono per sfuggire al resto dei problemi della loro vita… e non so perché ma sento che molti di loro se lo meritano, e che tutta questo tentativo di ricerca di consapevolezza è solo l’ennesima chimera che vediamo scomparire nel tempo.

Le palpebre e i pensieri si fanno pesanti quando arrivano al livello della soglia, posso sentire passi leggeri nelle vicinanze risuonarmi nei timpani mentre la sabbia li riempie, le creature che abitano sotto le spiaggia mi accolgono scavandosi un varco dentro di me, rendendomi parte integrante dell’ecosistema che regola la Natura, e mentre tutto questo accade continuo a sprofondare in basso, lontano, lentamente, inesorabilmente granello dopo granello il mio corpo scompare alla vista…

In superficie dei genitori hanno smesso di parlare e fantasticare, stanno chiamando un nome; nessuno risponde, quel nome oramai non appartiene più a niente, se non a un mucchietto di alghe nere, di quel nero intenso come erano i miei capelli.

20 . 08 . 07

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ti seguo come al solito ed approvo.
Racconto bello.
see ya,

-Pinus-