giovedì 9 giugno 2011

CHi HA RUBATO il 30 MAGGiO?

un racconto a tappe

I cittadini della grande città non se ne accorsero subito, o meglio, giravano delle voci, ma nessuno ci fece un gran caso, dopotutto c’erano sempre cose più importanti a cui pensare; ma poco dopo arrivò l’Estate, e le persone, sbadigliando e stiracchiandosi, si scrollarono di dosso i torpori primaverili. Fu allora che quelle voci di corridoio, quegli argomenti di circostanza, quei discorsi del cazzo, divennero una certezza assoluta: il trenta Maggio era scomparso! Sembrava solo uno spazio illibato nel calendario, un vuoto di memoria collettivo, ma la gente prese a riunirsi nelle piazze, i pensieri divennero dialoghi, i dialoghi discussioni, le discussioni comizi, ed infine la collettiva necessità di trovare un colpevole rese chiaro che il trenta Maggio non era semplicemente scomparso, ma era stato rubato! Era davvero terribile: cos’era successo in quel giorno che non era mai iniziato? Quali poteri si erano mossi alle spalle dei cittadini ignari? La paura fu tale che nessuno aveva il coraggio di fare ipotesi, o anche solo a prendersi la briga di cercare una soluzione. Così l’uomo della folla capì che era arrivato il momento di agire e fare giustizia, e chi meglio di lui poteva capeggiare quella disordinata moltitudine di sguardi, imprecazioni e odori? Si alzò in piedi, o forse era già in piedi, ma in qualche modo divenne più alto, e parlò con una voce che era la voce di tutti, o di chiunque:

- Amici, conoscenti, insomma, voi, so cosa state pensando! Siete arrabbiati per il torto che abbiamo subito, e tutti quanti desiderate delle spiegazioni. Bene, anch’io voglio risolvere questo mistero, e so a chi possiamo chiedere aiuto. Seguitemi!

Ora, anche se quel tizio non era davvero niente di speciale, e magari da solo non sarebbe riuscito a far spostare neanche una vecchina dal suo posto a sedere sul tram, con il suo semplice spirito d’iniziativa riuscì a mobilitare un numeroso corteo di sostenitori. Si avviò così verso l’ufficio in cui tutti loro passavano ogni giornata, l’Ufficio di Sempre, per parlare col responsabile in carica.

L’ufficio era situato in una costruzione abbastanza moderna da starsene fuori dal tempo, una serie di parallelepipedi monocromatici e disordinati, come se li avesse costruiti un novellino del tetris. Le persone arrivavano alla rinfusa, tutti quanti molto determinati a fare la propria parte nella soluzione del mistero, ed entravano dall’ingresso sbattendo la porta rumorosamente per far notare la loro presenza. Entrarono uno ad uno e tutti quanti si ritrovarono ammassati all’interno di uno stretto corridoio che terminava su uno sportello chiuso. Cosa ci fosse di così interessante in questo sportello non lo sappiamo, ma spingevano e facevano a gomitate per riuscire a passare avanti e vedere cosa stava succedendo. L’uomo della folla riuscì, dopo svariati minuti, a portarsi in cima alla fila, e bussò allo sportello; questo si aprì sul volto di una donna annoiata, che gli rivolse la parola:

- Siii, mi dica.

- Buongiorno signora. Vorremmo parlare con l’Amministratore del Tempo Perduto.

- L’Amministratore è molto occupato al momento.

- Le assicuro che è una questione della massima urgenza!

- Bene, compili il modulo e vedremo cosa si può fare…

Il modulo consisteva in un rompicapo burocratico di domande imbarazzanti e sigle sconosciute, ma l’uomo della folla riuscì ad arrivare in fondo e firmare solo moderatamente infastidito. Restituì il foglio alla donna, che gli indicò una porta. L’uomo si staccò dal gruppo e si diresse verso la stanza indicata.

All’interno c’era abbastanza buio ed una musichetta etnica molto fastidiosa, l’Amministratore stava seduto ad un tavolo ingombro di fogli, penne, post-it, sveglie e calendarieti sexy; con una mano reggeva il telefono, con l’altra scarabocchiava su un foglio e con un’altra ancora picchiettava i tasti di un computer, e nel mentre sbraitava parolacce e informazioni riservate. L’uomo della folla non si fece impressionare e si avvicinò al tavolo, schiarendosi la voce:

- Ah, ehm… signor Amministratore? Buonasera, sono qui in veste di delegato per…

- Cosa vuole?

- Ecco, siamo qui per chiederle informazioni riguardo al furto del trenta Maggio.

- Che furto? Cosa è stato rubato?

- Il trenta Maggio, insomma, è stato rubato il giorno stesso … beh, ci siamo capiti, no?

- No, non ci siamo capiti… cosa vuole? Non vede che ho da fare!

- Signore, lei si occupa del tempo perduto, e il trenta Maggio è scomparso. Pensavo che lei…

- Pensava male! Cosa crede, che io abbia tutto questo tempo da perdere? Si sbaglia di grosso! Qua di tempo per queste quisquiglie proprio non ce n’è. Sa lei di cosa ha davvero bisogno? Di un bravo dottore! Comunque, se proprio cerca delle risposte, allora può chiedere al Saggio, lui avrà sicuramente qualcosa da dirle. E adesso, se non le dispiace, tornerei ad occuparmi di questioni serie. Arrivederci.

E riprese a sbraitare al telefono. L’uomo della folla fece un cenno di saluto con la testa, ma l’Amministratore l’aveva già escluso dal suo campo visivo; così l’uomo uscì dalla stanza e poi dall’ufficio, e osservò attentamente le persone che lo stavano aspettando prima di iniziare a parlare:

- Colleghi, l’Amministratore ha valutato molto attentamente la nostra questione, ma la situazione è al disopra delle sue competenze, e ha consigliato di rivolgerci al Saggio. Quindi, se non ci sono obiezioni, incamminiamoci senza aspettare oltre!

Il gruppo mormorante si avviò verso la dimora del Saggio. Questo abitava in un piccolo parco boscoso piantato in uno dei sobborghi appestati della grande città. Era stato fatto per rispettare una confusa normativa sulla diffusione urbana delle aree verdi; ovviamente quella era l’unica area verde che era stata costruita, ed era diventata presto il rifugio di tossici, barboni e animali appestati. La folla si addentrò nel parco cercando di fare più rumore possibile per far scappare i cani randagi, i drogati e i gatti in amore; nel viavai di animali in fuga, aimè, rimase schiacciato il più vecchio abitante del parco, un piccolo insetto millenario, che in verità c’era prima del parco, delle normative, del sobborgo e della grande città, e forse se l’uomo della folla avesse chiesto a lui qualche informazione avrebbe ricevuto risposte molto più interessanti di quelle che si apprestava a ricevere. Ma andiamo avanti, ed ecco apparire oltre una serie di cespugli rinsecchiti la casupola decadente dove abitava l’anziano. L’uomo della folla, sorretto dai sorrisi e dagli incoraggiamenti dei presenti, aprì la porta della catapecchia ed entrò.

“Finalmente anche la polvere ha una casa in cui andare a vivere”, pensò l’uomo mentre si aggirava tra gli scaffali sudici ricolmi di oggetti indecifrabili e tendenzialmente inutili; c’erano quadretti di insetti mai esistiti, modellini di carriarmati nazisti fatti con i chewing-gum, penne stilografiche, quaderni di viaggi in luoghi sognati, rossetti usati poco, occhi ammiccanti in vetroresina e quant’altro. In mezzo a tutto questo si muoveva lento ma inesorabile un vecchietto sorridente, che fece cenno al suo ospite di avvicinarsi:

- Buongiorno giovanotto!

- Buongiorno Saggio dei Secoli d’Oro. Sono venuto qua come araldo dei cittadini per chiederle del trenta Maggio.

- Il trenta Maggio? Ma io so tutto del trenta Maggio, caro ragazzo! Siediti, siediti che ti racconto. Allora… il trenta Maggio del 1911 faceva un gran freddo, così freddo che era difficile credere di essere in fondo alla Primavera. Sì un gran freddo, come quella volta in cui Alessandro Magno stava attraversando i monti del Caucaso con le sue truppe, diretto in India. Mi ricordo che…

Sei ore dopo una parte delle persone erano tornate a casa a prepararsi un panino, ma la maggioranza era rimasta nel giardino davanti alla casetta ad aspettare speranzosa. L’uomo della folla uscì con gli occhi lucidi, si scrollò di dosso la polvere e aprì la bocca, ma emise solo un suono flebile e impastato, come chi si trova a parlare dopo una vita di silenzi. Bevve un sorso d’acqua gentilmente offerto da una comare, e iniziò:

- Miei fedeli compagni, il Saggio mi ha dettagliatamente esposto tutti gli accadimenti dei trascorsi trenta Maggio, e posso asserire che sì, prima di quest’anno il trenta Maggio c’era, eccome. Sfortunatamente anche lui non ha saputo trovare una soluzione al nostro mistero, ma mi ha consigliato di visitare un soldato, un veterano dello spionaggio industriale e politico che conosce tutti gli intrecci e i meccanismi segreti della nostra società; magari lui sarà a conoscenza dell’accaduto e potrà davvero aiutarci.

Anche se la fiducia già iniziava a scemare la gente non si perse d’animo, e seguirono tutti quanti il loro condottiero, anche se alcuni si fermarono a cogliere margherite [e ci misero comunque poco, ce n’erano soltanto quattro].

Il soldato si trovava nella stanza d’albergo di una zona disabitata; anche nell’albergo non c’era rimasto nessuno, ma quando anche gli ultimi inservienti se n’erano andati si erano dimenticati di avvertirlo, e lui stava ancora aspettando il servizio in camera. Così, quando l’uomo della folla bussò ed entrò senza il vassoio e il vestito d’ordinanza, il soldato gli piombò addosso atterrandolo, prese una siringa dallo stivale e gliela puntò al collo.

- Chi cazzo sei tu? Stai con gli americani vero, pezzo di merda? Soltanto loro sono capaci di mandare un agente così incapace in bocca al nemico. Fottuti Yankee!

- Ehm, salve… Lei è il Guerriero degli Anni di Piombo?

- Chi vuole saperlo? Hai una microspia addosso? O magari sei imbottito di tritolo?

- No, no, la prego mi ascolti…

- Parla!

- Magari senza la siringa, eh…

- Qua sono io che comando! Senti, tu assomigli tanto a un tizio che non ricordo. Cos’hai addosso, una maschera?

- No signore, è la mia faccia, lo giuro! La prego, mi manda il Saggio…

- Ah, il vecchio bastardo! Potevi dirlo prima; dai, salta su!

Il soldato gli si staccò di dosso, si alzò e protese la mano verso la creaturina tremante sul pavimento. L’uomo della folla, una volta in piedi, tentò un sorriso di circostanza, ma il soldato non sembrò particolarmente compiaciuto di ricevere benevolenza dalla persona che gli stava davanti; lo guardò intensamente, probabilmente memorizzando i lineamenti, o pensando al modo meno sporco di farlo fuori. L’uomo della folla ruppe il silenzio:

- Vede signor Guerriero, sono qua per avere notizie sulla sparizione del trenta Maggio. So che lei riceve informazioni riservate dalle più alte sfere, ed io e le persone qua fuori pensavamo che magari poteva aiutarci. Possiamo pagarla, forse…

- Cosa vi fa pensare che sarei disposto a vendere queste informazioni? Sono un Guerriero, non un mercenario qualsiasi. “Onore”, vi dice nulla questa parola? Probabilmente “potere” vi fa scattare qualcosa nel cervello, magari perché siete tanti e credete di averne… ma non siete nulla! La tua folla potrebbe essere schiacciata in qualsiasi momento dai poteri che io conosco, e temo. Se voi non state ancora tremando è per la vostra ignoranza, non per il vostro potere.

- Mi scusi, non intendevo offenderla…

- Non l’hai fatto. Se mi avessi offeso non avresti avuto il tempo per scusarti.

- Bene, allora io vado…

- Ottima idea. Ah, se passi dalla reception digli che sto ancora aspettando la mia insalatina.

- Sì, beh, arrivederci.

Il soldato non si scomodò a salutare, semplicemente si voltò e guardò fuori dalla finestra le persone sottostanti. L’uomo della folla raggiunse il suo pubblico, forse mancava qualcuno, ma erano ancora tanti. Così si rivvolse a loro:

- Camerati, il Guerriero è dalla nostra parte, ma anche lui non può esserci d’aiuto. Dobbiamo cercare una nuova soluzione…

Ci furono dei brusii confusi e qualche movimento inconsulto, e l’uomo capì che non avrebbe dovuto mostrarsi così insicuro. Per sua fortuna un vecchio gatto con un solo occhio gli si avvicinò miagolando, come invitando a seguirlo. All’uomo della folla questo bastò come segnale, e ripresa l’attenzione dei presenti li convinse una volta ancora ad andare con lui [omettendo però il fatto che stavano tutti quanti seguendo un gatto mezzo cieco]. Il gatto camminava spedito attraverso strade che nessuno di loro conosceva, sembrava che ci fosse una piccola città nascosta che finalmente si rivelava agli occhi dei passanti increduli; era pomeriggio inoltrato e le ombre si stavano allungando, creando un’altra fila di passanti scuri sui muri decrepiti. Finalmente il gatto si fermò, erano arrivati al numero ventotto di via delle Lune, e di fronte alla folla incredula stava una costruzione misteriosa, decisamente poco invitante ma a suo modo affascinante, insomma, una biblioteca. Era la Biblioteca di Domani, nei suoi corridoi stavano le domande e le risposte del passato e del presente, e, se qualcuno si fosse soffermato a cercare attentamente, avrebbe potuto trovare anche precise indicazioni sul futuro. Ma per molti di loro leggere sembrava più un pericolo che una possibilità, e solo pochi ebbero il coraggio di addentrarsi nelle viscere di quel luogo. L’uomo della folla, beandosi della sua unica esperienza letteraria [aveva letto “il Piccolo Principe” poco prima dell’avvento dell’adolescenza] capitanava come sempre la cricca, e tutto tronfio si avvicinò al banco delle informazioni dove stava un piccolo ometto rugoso, e disse:

- Signore, stiamo cercando un libro!

L’ometto sorrise, non gli capitava spesso di vedere così tante persone, e rispose con la sua naturale gentilezza:

- Ma certo… Che libro cercate?

L’uomo della folla si sgonfiò un poco; si accorse in quel momento che in quel luogo di libri ce n’era davvero tanti, e per la maggior parte non erano riedizioni del Piccolo Principe. Così si tenne sul vago:

- Vede, stiamo cercando un libro che ci aiuti a trovare il colpevole del furto del trenta Maggio. È un libro abbastanza recente, ho sentito dire che ha ricevuto buone critiche…

- Fatemi pensare; ecco sì, magari c’è un libro che potete consultare. Si trova nell’Ala S, Scaffale M, settimo ripiano con la sigla M7/90 Da quella parte!

L’uomo della folla s’incamminò solo tra i corridoi; gli sembrava di percorrere gli stessi vicoli in cui si erano addentrati poco prima, ma ancora più sconosciuti e inquietanti. Non c’era nessuno tranne milioni di parole dentro a qui cosi polverosi, parole che corrispondevano ad altrettanti autori che avevano impiegato il loro tempo in un modo così assurdo: tracciare o digitare lettere su lettere, per dire cosa poi? Magari questi asociali non andavano nemmeno a fare gli aperitivi! Beh, non era un problema suo dopotutto, lui aveva l’abbonamento a Sky Cinema. Per un attimo pensò di tornare indietro e sparare un’altra balla, tanto ne aveva già raccontate abbastanza in modo convincente, non gli sarebbe costato nulla. Ma un’inaspettata curiosità, come quella di una caccia al tesoro, lo portava a scivolare tra gli scaffali disordinati, a cercare le lettere sbiadite che tracciavano l’instabile schema dei suoi passi. Alla fine riuscì a trovare l’ala S, un ampio corridoio di pietre irregolari dove gli scaffali si fronteggiavano in una tacita sfida al più alto carico di sapere; l’uomo della folla trovò lo scaffale M quasi al centro del corridoio, e c’era addirittura uno sgabello per raggiungere i ripiani più in alto. L’uomo salì, scorse con un dito i libri numerati fino a quello con la sigla M7/90, lo prese e tornò con i piedi per terra. Guardò la copertina, non sembrava proprio un libro moderno, ma aveva l’aria di essere piuttosto importante e gustoso visto che le tarme se lo stavano divorando. Era un manuale, il Manuale dei Giorni d’Oggi.

- Seee… Chissà quando è stato scritto?

La sua voce risuonò distorta all’interno del corridoio vuoto, e l’uomo tornò silenzioso con il timore di essere stato particolarmente fuori luogo. Si accorse presto di essersi sbagliato nei riguardi del libro: aprì una pagina a caso e si trovò davanti, stampata con dei bei caratteri neri, la data di quel giorno! Non si prese la briga di farsi delle domande o di leggere qualche parola, sfogliò semplicemente qualche pagina indietro, per vedere dov’è che parlavano di Maggio. Niente, poi niente e ancora niente, su tutte le pagine era stampata la data di quel giorno. Era un peccato, ma anche un’incredibile coincidenza, pensò l’uomo della folla; poi il suo sguardo venne attratto da una fotografia. Nell’immagine c’era un gruppo di persone capitanate da un uomo che giravano per le strade della grande città. Non era facile riconoscerli, sembrava la foto di una manifestazione qualunque, ma ci volle poco a capire che erano davvero lui e il suo gruppo di seguaci; stavolta l’uomo si stupì davvero, e pensò che, se erano tutti così sorprendenti, magari un giorno avrebbe potuto anche provare a leggere un altro di quei cosi [non sappiamo se ci ha davvero provato, e sfortunatamente no, non sono tutti così sorprendenti]. L’uomo lesse sottovoce il trafiletto:

- Una folla di cittadini s’incammina verso il Castello delle Ore d’Aria, tentando di risolvere un mistero inspiegabile, la sparizione del trenta Maggio.

Finalmente un indizio vero! Dopo tutti quei giri inutili forse si trovavano finalmente in mano un’indicazione appropriata che poteva portarli da qualche parte. Richiuse il libro e lo rimise a posto, senza curarsi del fatto che avrebbero potuto esserci scritte altre informazioni utili [e in fondo la sua capacità di lettura aveva già raggiunto il limite]. Tornò fuori di corsa, ringraziando velocemente l’ometto del banco informazioni. Lo stavano ancora aspettando un buon numero di persone, forse non proprio una folla, comunque erano ancora abbastanza da potersi definire abbastanza. L’uomo lì guardò tutti per la prima volta con una sincera convinzione, e disse soltanto:

- Andiamo al castello!

E s’incamminarono. Tutti sapevano dov’era il Castello delle Ore d’Aria: troneggiava in disparte su una collina che guardava l’intera grande città, ed era la dimora della Regina. Arrivarono che stava calando il sole, il profilo del castello li metteva tutti quanti in ombra, dei piccoli tenaci esserini al cospetto di una dimora regale, pronti a farsi dare udienza per risolvere una questione che sembrava complicarsi un passo dopo l’altro. La lunga traversata aveva lasciato i più deboli indietro, si vedevano sagome stremate riposarsi nei prati e sotto gli alberi. I restanti se ne stavano con aria dubbiosa davanti al portone d’ingresso, aspettando che il loro leader naturale agisse e li portasse all’interno del castello. L’uomo della folla bussò e, come si farebbe con ospiti graditi, venne loro aperto l’ingresso. Entrarono silenziosi e circospetti nel grande atrio. Forse rimasero un po’ delusi, sicuramente spiazzati: non c’erano tende, drappi o tappeti, nessun intarsio, statua o quadro, non un orpello o un attestato di onoreficenza, nemmeno il più misero dei gioielli spuntava dai semplici lampadari che illuminavano in modo molto tenue quello spazio così ampio e vuoto. Beh, almeno i soldi delle loro tasse non venivano sprecati! Il gruppo si mosse compatto, quasi come se rischiassero di perdersi in quella stanza vuota! Avvicinandosi ad una delle pareti notarono che riuscivano quasi a specchiarcisi; si accorsero così che la stanza era un enorme specchio opaco e graffiato, in cui le loro immagini si riflettevano alterate e sfocate. A quanto pare la Regina era una persona piuttosto eccentrica. In quel momento la loro attenzione si focalizzò su un altro interessante particolare: nessuno di loro aveva mai visto la Regina! Non era un personaggio pubblico, piuttosto una figura istituzionale, una presenza forte che dava sostegno agli abitanti della città, nonostante nessuno sapesse com’era fatta, o anche solo quanti anni avesse. L’uomo della folla prese ancora una volta le redini della situazione, portando gli altri verso la scalinata che stava in fondo alla stanza. Salirono i gradini lentamente e notarono con piacere la prima nota gioiosa: sui corrimani della scalinata erano piantati dei piccoli bastoncini che terminavano con un cerchietto; l’uomo della folla, avvicinandosi per guardarli meglio, scoprì che soffiandoci attraverso uscivano delle bolle di sapone! Un trucco davvero gradevole che risollevò l’animo dei presenti, intenti a ridecorare di bolle lo spazio circostante. Arrivarono in cima alla scala mentre una distesa di piccole sfere delicate si appoggiava a terra ed esplodeva senza far rumore; davanti a loro c’era un’altra porta, stavolta già aperta, che li invitò ad entrare.

Adesso erano davvero sorpresi! Seduta a un tavolo disordinato stava una ragazza di circa vent’anni che li guardava con aria eterea. Era vestita sobria ma con un tocco personale, aveva i capelli lunghi e scuri con dei riflessi indecifrabili, così com’era indecifrabile il colore dei suoi occhi. Chiari, erano occhi chiari, ma sospesi da qualche parte. Quella visione destò nei presenti il sospetto che quella ragazza non fosse proprio la persona che cercavano, ma dato che quello non sembrava proprio un castello particolarmente affollato conclusero che dovevano trovarsi proprio al cospetto della Regina dei Minuti Contati.

Visto che lei non parlava né sembrava intenzionata a farlo, e la situazione si stava facendo un po’ imbarazzante, fu l’uomo della folla a parlare per primo, incespicando un po’ sulle parole:

- Sua altez… no, maestà… mh, allora, mia regin… signorina… ehm, salve! Vede, noi saremmo venuti qua per chiederle del trenta di Maggio. Lei, cioè tu, insomma, voi siete la Regina, e sicuramente vi sarete accorta di questa terribile sparizione. Noi siamo molto arrabbiati, vogliamo trovare il colpevole di questo ignobile furto e fargliela pagare! C’è una folla di persone pronta a fare giustizia se solo lei ci potesse suggerire il nome del responsabile… ecco, confidiamo in lei, nella sua saggezza…

La Regina non li aveva ascoltati più di tanto, ma capì subito quello che le stavano chiedendo. Li guardò e aprì la bocca; poi sembrò pensarci un attimo, la richiuse e sorrise.


Il gruppo di viaggiatori si ritrovò davanti al portone d’ingresso. Nessuno di loro sapeva di preciso come ci erano arrivati, ma avevano l’aria allegra e leggera di un gruppo di sbronzi. Si avviarono verso la città farfugliando parole incomprensibili, tutti quanti sembravano aver capito qualcosa e ridacchiavano compiaciuti. Quando raggiunsero la piazza principale era già notte fonda, ma i lampioni accesi illuminavano intensamente tutta la città, proiettando ombre nette e scure sui volti del gruppo. Se n’erano andati quasi tutti, ma quelli che erano rimasti adesso erano perfettamente sobri, e desideravano più che mai risolvere il caso di questo improbabile furto. L’uomo della folla adesso era il più silenzioso, rimuginava su come trarsi da questo impiccio in cui si era cacciato con il suo irresponsabile spirito d’iniziativa. Gli altri iniziavano a guardarlo storto, forse stavano sospettando di lui! Un tipo così simile a tutti loro, quell’uomo qualunque che li avevo trascinati per tutto il giorno verso dei vicoli ciechi… forse aveva qualcosa da nascondere! L’uomo della folla cercò di pensare un po’ più velocemente, e finalmente arrivò la soluzione desiderata: non riuscivano a trovare il colpevole? Beh, almeno avrebbero avuto un capro espiatorio! C’era un uomo che viveva accanto a lui, un tizio riservato e taciturno, innocuo ma un po’ asociale, l’ultimo di una serie di fratelli e sorelle che si erano trasferiti in altre grandi città. Non a caso si chiamava proprio Ultimo, Ultimo Secondo; un nome buffo che non faceva ridere nessuno. Quell’uomo, nel loro quartiere, era uno dei soggetti preferiti per gli scherzi dei ragazzetti [e anche per quelli degli adulti]; non chiedeva rispetto e alle volte rideva anche lui a quelle burle, e questo atteggiamento infastidiva particolarmente i suoi aguzzini. Si diceva che fosse un po’ matto, in definitiva era il soggetto perfetto su cui riversare la colpa del furto e salvarsi la faccia. L’uomo della folla pensò che al principio avrebbe fomentato un po’ il gruppo, magari con qualche parolaccia; poi, tirando fuori lo charme da uomo caritatevole, avrebbe potuto salvare il signor Secondo dal linciaggio collettivo e assolverlo pubblicamente. Sì, era un piano perfetto! Si mise in faccia uno dei suoi migliori sorrisi e parlò ai presenti:

- Signori, ci ho pensato davvero a lungo, ho messo insieme i tasselli del puzzle e ho capito chi è il ladro del trenta Maggio! Venite con me, vi spiegherò strada facendo!

Così, farfugliando deliri cervellotici e macchinazioni astratte, li guidò per le strade deserte fino alla casa che stavano cercando. Era una casa molto piccola, probabilmente composta da un paio di stanze e un bagno, dall’esterno sembrava un posto piuttosto insignificante. Nonostante fosse ancora presto l’interno della casa era buio, ma l’uomo della folla sapeva bene che il vicino raramente lasciava la sua abitazione, e che era molto probabile che fosse già andato a letto. Così si attacco al campanello per una ventina di secondi, poi prese a urlare:

- Signor Secondo, ci apra, dobbiamo parlarle urgentemente! Si sbrighi!

Come previsto s’illuminò una finestra, poi un rumore di passi, infine si aprì la porta e comparve un uomo sulla soglia. Indossava un pigiama ridicolo, probabilmente un regalo della madre, aveva gli occhi piccoli e assonnati ma cercò comunque di darsi un contegno, sorrise alle persone radunate davanti a lui e chiese:

- Ditemi, di cosa volete parlarmi?

- Non faccia lo gnorri, signor Secondo - rispose l’uomo della folla - sappiamo benissimo che è stato lei a rubare il trenta Maggio, e noi lo rivogliamo indietro… Ce lo restituisca!

- Ma di che state parlando? Un altro scherzo? Cos’è che state cercando?

- Non cerchi di fregarci,è lei il ladro! Abbiamo indagato tutto il giorno per scoprire chi ci ha rubato il trenta Maggio e gli indizi che abbiamo ci hanno portato fin qui! Ce lo consegni, o saremo costretti a riprendercelo con la forza!

E dicendo questo l’uomo della folla fece un minaccioso passo avanti, gonfiandosi un po’ [non che avesse tutti questi muscoli, al massimo un po’ di pancetta]. Il signor Secondo era paralizzato, ma cercò comunque di non fare degenerare la situazione:

- State calmi, ci dev’essere una spiegazione…

- CAZZO, CI RIDIA IL TRENTA DI MAGGIO!

L’uomo della folla gli fu accanto, e sentendo “quella” parola anche gli altri avanzarono. Ultimo Secondo si ritrasse, portandosi le mani davanti alla faccia:

- Non mi fate male! Ok, è vero, sono stato io… Entrate, entrate e riprendetevelo.

Li lasciò entrare tutti in soggiorno e accese le luci su un ambiente decisamente poco interessante. Se il Castello aveva colpito quelle persone per il fascino minimalista, questo appartamento destò altrettanto stupore per lo squallore generale: un divano rivestito di un tessuto orrendo piazzato davanti ad un mobiletto Ikea con televisore annesso, un tavolo con una tovaglia colorata con sopra i piatti e le stoviglie sporche di una cena frugale, qualche quadro insignificante alle pareti, la cucinetta sporca ma tutto sommato ordinata, un attaccapanni con una giacca marrone. Il signor Secondo sembrava quasi volersi scusare per la sua abitazione, e si rivolse a tutti loro [e a nessuno in particolare]:

- Ecco sapete, al momento sono un po’ scosso, e non riesco proprio a ricordare dove l’ho messo; in realtà non ricordo bene neanche com’è fatto… se volete aiutarmi a cercarlo comunque sono sicuro che salterà fuori.

Gli uomini si guardarono un po’ sconcertati e decisamente dubbiosi; Ultimo continuò a parlare:

- Beh, magari anche voi non sapete bene com’è fatto… Anzi, questa è solo un ipotesi, forse non sappiamo bene neanche cosa stiamo cercando… Sapete, a volte mi capita di spostarmi per casa, o di andare al supermercato, o in un qualunque negozio, convinto che devo prendere qualcosa, e poi quando penso di essere arrivato nel punto giusto, PUF, non so più cosa stavo cercando! Buffo, non trovate? A voi non succede mai? No, no, voi sapete quello che cercate, si vede che siete persone sicure e determinate. Vi invidio, sapete, anch’io vorrei essere come voi, portare avanti degli obbiettivi, trovare soluzioni, muovermi. Invece me ne sto fermo, e guardo le cose passare. Oh, ma sono belle, sapete? Le cose che passano intendo, ma anche quelle che stanno immobili, hanno una magia tutta loro e lasciano scie di pensieri e ricordi, tracciano una sorta di filo conduttore tra tutti i casi possibili, e magari non portano da nessuna parte! Anche questo è buffo, no? No, forse non è buffo, è solo così che và. A voi com’è che và? Vi vedo un po’ stanchi, magari se volete sedervi un attimo posso offrirvi un bicchiere d’acqua. È fantastica, l’acqua, non ci pensiamo mai ma a volte è tutto quello che ci serve; potremmo imparare un sacco di cose dall’acqua, ad esempio come adattarci a tutte le superfici, come lavare via la sporcizia, come affondare, o far tornare a galla quello che abbiamo affondato, come… ma che stupidaggini! Voi siete persone serie, state cercando… cos’è che cercate? Ah, il trenta Maggio! Ma per farci cosa poi? Immagino vi manchi molto, ma in fondo è un giorno come un altro, l’anno prossimo è bisestile quindi un giorno lo recuperiamo comunque, no? Magari è passato e non ce ne siamo accorti, succede anche questo a volte! Passano gli anni senza che ce ne accorgiamo, cosa volete che sia un giorno qualunque? Io, se devo essere sincero, non ho mai fatto nulla il trenta Maggio, o magari sì, ma niente che non potessi fare anche, chessò, l’otto Giugno… Non preoccupatevi, capita di cercare cose che non possiamo trovare, cose invisibili, cose segrete, cose intoccabili, e siccome non le troviamo ci arrabbiamo e continuiamo testardi a cercarle fino a star male, e poi ci lamentiamo; a volte cerchiamo di trovare solo buone scuse per lamentarci. Ed è buffo… a volte, addirittura, troviamo cose che non stavamo cercando! E quando le troviamo è bello fermarsi un attimo ad osservarle, a cercare di capirle, poi tenersele accanto, o lasciarle andare, come preferite… Io ad esempio non vi stavo cercando, ma voi avete trovato me! Buffo… Ah, ma io la riconosco, lei è il mio vicino di casa, il signor… il signor… oh mi scusi sa, questa memoria farlocca! Bene, signore, sembra che sia rimasto solo, i suoi compagni sono tornati a casa. Forse anche lei vuole andare, non vorrei trattenerla oltre con altre sciocche ciance. Sa com’è, non vedo molta gente, ogni occasione è buona per scambiare due chiacchere! Mi sa che quello che cercavate non è qua, mi dispiace, ma le auguro di trovare questo giorno, un giorno! Buonanotte anche a lei signore, si conservi! Arrivederci, sì, buonanotte…

Il signor Secondo rimase sulla soglia un attimo mentre l’uomo della folla si allontanava, poi si chiuse la porta alle spalle, e tornò in camera sua. Beh, certo che aveva preso paura, ma in fondo non era andata male, si era quasi divertito a parlare con quelle buffe persone! Ultimo Secondo si mise a sedere sul letto e passò un minuto pensando alla sua Regina.


Poi aprì il cassetto del comodino, e si rimise ad osservare i sassi e le nuvole del trenta Maggio.



4 commenti:

duccio $ ha detto...

Bellissima BernY!!!!! Adoro Ultimo Secondo :) è la battaglia infinità tra epica e romanzo ! a proposito di giorni e manifestazioni: http://vimeo.com/24395865

Byez!!! continua così!!

martin ha detto...

Minchia che fatica leggere al computer!! Però ne è valsa la pena. A un che di Bulgakov, mischiato a qualche altro scrittore che non ho letto e di cui non conosco l'esistenza.
Nel caso volessi dare un'occhiata ad alcune delle mie poco soddisfacenti creazioni letterarie...
http://martinhofer.wordpress.com/
Ciao, e scrivi un pò di più su 'sto blog. Ci sono molto affezionato...

Anonimo ha detto...

Bella, cazzo! Bravo B.

S A R A F L O R I ha detto...

bella davvero... i miei complimenti!