domenica 18 maggio 2008

un UOMO SENZA CORAGGiO

Questo è un esorcismo, questo è veleno per combattere il veleno

C’era un uomo senza coraggio che abitava al centro di un foglio bianco; aveva tutte le dimensioni di un punto, e così definirlo uomo è solo un modo per tendere all’antropomorfizzazione. Non sapeva, o comunque non riusciva a ricordare il proprio inizio, non capiva se il foglio era sempre lo stesso oppure scorrevano pagine e lui rimaneva al centro attraversando le fibre, depositandosi per il tempo necessario a non lasciare traccia per poi tornare a scorrere come mercurio immobile.

Piccolo, infinitesimalmente piccolo, aveva sicuramente più potenzialità di quelle che le sue ridotte dimensioni sembravano suggerire; ed è per questo, per saggiare la sua potenza che diventava atto, che un giorno tirò fuori la testa. Ora, essendo l’uomo enorme come un punto provate a immaginare un nondimensionale da cui spunta un altro nondimensionale sovrapposto leggermente più piccolo del primo; ecco, non ci siete affatto. Con questa sua testa appena abbozzata dette un occhiata in giro, ma non vide poi molto, visto che una testa non prevede per forza un organo visivo; quando, saltando i più comuni passaggi evolutivi, ne ebbe uno, che era già un bel passo avanti, notò il suo stato di sicuro isolamento, al centro del foglio. Si compiacque con se stesso per la posizione privilegiata che aveva saputo scegliere senza consapevolezza, e tornò con la testa nella sua assenza di spazio occupato. Passarono circa mille prima che il piccolo uomo senza coraggio capisse che, nonostante la sovradimensionata sicurezza in cui dimorava, poteva comunque spingersi fuori con tutti i suoi arti senza correre rischi elevati.

Ed eccolo là, grande come un punto un po’ più grande del primo e con le stesse capacità intellettuali, che guarda un po’ oltre il foglio senza vedere molto, anche se a volte poco è già abbastanza: si, perché aldilà del foglio ci sono colori sfumati, forme e luci e ombre che mettono il rosicchiatore verme della curiosità anche nel cuore dei pavidi. L’uomo senza coraggio prese coraggio e andò pieno di paradossalità verso il bordo, guardò oltre e tornò un punto per lo spavento: anche se il foglio in cui stava fosse stato sempre lo stesso, senza mai sfogliarsi, l’uomo si trovava comunque in cima a una pila di 3 fogli sovrapposti. Ora il problema è questo: anche se minimo, 3 fogli sovrapposti formano uno spessore calcolabile e schematizzabile in una linea con una lunghezza finita - per quanto piccola possa essere, la linea conterrà sempre un numero infinito di punti, cosicché la distanza che l’uomo senza coraggio doveva sorpassare era incommensurabile, tendenzialmente infinita, e questo dà un po’ la nausea se ci pensate.

Si da il caso che vicino al foglio passasse un alito di vento che, espirando, scaraventò il nostro protagonista a un’enorme distanza dal foglio; noi li chiameremmo si e no 6 millimetri, ma a volte poco è già abbastanza: il piccolo nondimensionale aveva già assunto la doverosa tridimensionalità che si richiede a chi voglia esistere su questa intersezione tra piani infiniti e solidi finiti che è la Terra, e il primo sentimento fu chiaramente la disperazione per essere stato così sciocco da uscire dalla nondimensionalità, farsi buttare fuori dal suo lido sicuro, pieno di monocromatico benessere, peccato, il danno era fatto, e dopo altri dieci per orientarsi l’uomo decise di mettersi in cammino verso l’ignoto.

Per chi di voi è abituato in continuazione a operare scelte di differente entità e valore sarà banale e anche un po’ ridicolo osservare l’uomo senza coraggio fuori dal foglio bianco, ma vi assicuro che per lui l’esperienza fluttuava tra il tragico e l’incredibile: le forme, dalla sua posizione, perdevano presto di definizione, diventando sfumature di un tutt’uno in perpetuo movimento. Il piccoletto si mosse nell’ombra di una teiera, osservando in lontananza le lucine verdi di un lettore DVD cambiare con il passare dei secondi. Ma né la teiera, né i DVD, né i secondi avevano senso per lui, e poco ne aveva anche l’ombra che l’ospitava e lo faceva apparire più scuro nonostante la sua assenza di cromatismi.

A sera [indipendentemente dal momento in cui questo racconto ha inizio] l’uomo aveva percorso altri 9 millimetri allontanandosi dal foglio, il che lo portava a più di un centimetro di distanza dalla sua vecchia casa, e a volte poco è già abbastanza per sentirsi un nomade senza un foglio bianco dove tornare, dove qualcuno ti ama davvero, non per finta come il punto di polvere che l’uomo senza coraggio stava corteggiando. Siccome non aveva coraggio chiese a un acaro che passava di dichiarare il proprio Amore al posto suo, ma poi si ricordò che non aveva coraggio e che per l’appunto gli acari lo terrorizzavano a morte [considerazione un po’ vaga dato che era il primo essere animato oltre a lui in giro, e non che l’uomo o l’acaro sapessero di essere animati, o cos’era la morte; solo che lo straniero fa paura, sempre]. L’acaro se ne andò leggermente indispettito portandosi dietro la polvere, e l’uomo decise che era meglio così, e che anche se quella quantità impercettibile di pulviscolo poteva essere la storia della sua vita, la svolta decisiva, no, meglio non rischiare: sai com’è, all’inizio tutto bene poi tu le proponi di venire a vivere nel foglio e lei “No, tu vuoi solo intrappolarmi a casa dei tuoi; e poi chi cucina? Chi pulisce, l’omino bianco? [per la polvere chiedere chi pulisce è come per un uomo chiedere “chi mi ammazza?!”] No, caro, vai pure, ne troverò uno con meno pretese di te” – ed è incredibile come questo monologo si sia svolto senza che nessuno lo pronunciasse; ma tanto basta a far spegnere subito la scintilla del desiderio di un uomo senza coraggio.

Durante il suo viaggio si fermò a mangiare alla taverna sotterranea di una termite, ma non sapendo né cosa mangia una termite né cosa mangiava lui stesso dovette andarsene pagando il conto per una bella scheggia di mogano stagionato, che senza saperlo aveva ordinato gesticolando per farsi capire dal gestore. Se ne andò di corsa e urlando, perché si ricordò di aver paura anche delle termiti. L’uomo senza coraggio stava iniziando a conoscere l’esistenza circostante al suo foglio di carta, ma nulla ne traeva se non la noia di doversi spostare alla ricerca di un altro luogo dove accasciarsi e scomparire; si sentiva sterile di fronte alla visione del mondo, e forse non c’è niente di peggio che non desiderare e trovarsi proiettato in un mondo plasmato secondo la volontà di soggetti subordinati a continui frustrati inappagabili desideri, sogni, bisogni.

Camminò per centinaia prima di trovarsi in bilico [situazione impossibile per lui che alla fine era poco più di un punto tridimensionale] lungo un filo grigio e freddo che lo portava dritto verso un apertura nei confini dell’universo, le pareti della casa in cui abitavano i 3 fogli di carta. Incerto sul da farsi cercò di consultare Dio, ma Dio non rispose perché altrimenti sarebbe andato contro il detto “aiutati che Dio t’aiuta” o “la Fortuna [cugina di Dio] aiuta gli audaci o “viene da Dio che i frati s’annegano” [esiste lo giuro, non c’entra niente ma esiste].

Non sapendo cosa fare attraversò senza coraggio la fessura tra il cavo e il muro, su un piccolo ponticello di plastica trasparente; sulle prime solo un confortevole senso di vuoto, poi la perdita dei suoi tratti peculiari, poi la sintesi da analogico a digitale ed eccolo a fluttuare nel nulla, virus informatico mancante di eseguibilità, destinato a non essere intercettato e non diventare mai atto. E questo lo fece star bene, perché aveva trovato un luogo in cui tanti esseri giungevano per appiattirsi a un infinito codice binario di soli zero, spenti dalla propria mancanza di coraggio nell’affrontare la realtà, sempre un tantino peggio di come la desidereremmo, sempre quel poco che è già abbastanza per rifugiarsi nel freddo abbraccio di una rete democratica, senza discriminazioni, fantasiosa ma illusoria, confortevole e ingannevole, ma di quell’inganno che quando non si ha coraggio si sopporta così bene pur di non dover provare qualcosa a se stessi o al mondo.

L’uomo senza coraggio trovò centinaia di suoi simili con i quali non condivise nulla nella reciproca beata superficialità del non_vivere; e come se nel suo stare immobile avesse agito inconsapevolmente, adesso ogni giorno in questa parte del globo lascia un piccolo seme in tutti coloro pronti ad annullarsi, ma senza coraggio.

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