domenica 22 aprile 2007

Same Story. AG4IN

Vi racconterò la Storia di sempre. E non ve la racconterò neanche in modo diverso. C’è che non ho intenzione di stare a evocare particolari eventi con preciso ordine cronologico; certo, il colpo di scena è alla fine ed è anche l’ultima tra le cose che succedono, a parte le mie riflessioni conclusive, che sono tipo una postfazione che si contrappone al presente momento, in cui vi parlo di ciò che vorrei raccontare, se solo non indugiassi. Perché indugiare? Perché spesso la Solita Storia, di Nuovo, tende a mostrare il protagonista nella sua fragile, solitaria essenza. È la Storia in cui non esistono i Buoni e non vince nessuno, eppure alla fine c’è la percezione che qualcosa sia avvenuto, e che sia comunque possibile perdere. C’è lei, lui, l’altro, gli altri e il loro piccolo Mondo circoscritto, pregno di significati accessibili solo a chi vi guarda attraverso socchiudendo gli occhi e scrutando oltre le vicende, cercando di afferrare il filo conduttore degli eventi, l’improbabile Destino che ci avvinghia e stringe. Parlo in modo criptico? Mi hanno detto che non dovrei, non se voglio diffondere quello che dico; personalmente non ho mai conosciuto qualcuno che ascoltasse i buoni consigli, non ho intenzione di essere il primo. Vorrei non dover fare troppe specifiche tecniche se luoghi e descrizioni. Riempite gli spazi bianchi con i colori che preferite, tracciati i contorni, mettete un po’ di verde negli alberi e del grigio nel cielo. È Primavera, ma non sono io a deciderlo. Quelli attraverso cui osservate sono i miei occhi, ed io sono miope.

Fatevi un primo piano con zoom-out sul volto di Keith. Ascoltate il suono delle risate: avete presente quel genere di Felicità che non infastidisce? Nel suo essere contenta non c’è goffaggine o trivialità, ma neanche pudica ingenuità; si può essere Felici senza dover renderne conto a nessuno. Cammino [forse dovrei usare un coinvolgente “camminiamo” per rendervi tutti un po’ più partecipi, ma io sono la voce narrante, voi lo spettatore] verso un promiscuo gruppo di persone riunite in ordine sparso; niente problemi etnico-ideologici, le differenze di classe non pesano, neanche l’intelligenza. K è con loro, mi nota senza farmelo pesare, e tutti insieme alzano la mano in segno di saluto. Il grigio della giornata non aggredisce, ed io ricambio il saluto. Scienziati e musicisti, critici e nerd, amanti mancati, sotto le stesse nuvole. Lavoriamo per un giornale locale, una specie di rivista omnicomprensiva anarchica pregna del delirante Mondo adolescenziale in invecchiamento: “Echoes” in una parola. Ognuno di noi ha specifiche funzioni che sembra dimenticare ogni volta che c’è da tirare fuori le idee per un altro mese di articoli dinamici e anticipatori di quello che saranno i trend cerebrali in voga nell’immediato futuro. Oggi sono tutti allegri perché nessuno a voglia di menarsela, e sappiamo che la Dea dell’ispirazione è rapida e silenziosa, passa deponendo un piccolo dono di cui solo pochi per volta possono beneficiare; sarebbe l’ora che tornasse a stare da me.

- Signori e altre, diverse dall’uomo, io vi saluto. Prima di scrive’ qualcosa devo trovare materiale, e guarda caso stasera ho un improvvisazione jazz col mio maestro. Se volete venire sono giù al “Paninaro” con gli altri ragazzi; stasera Birra e Würstel a volontà -

A parlare è una voce che quando esce sa che note produce e su quali frequenze. Quello che dovrebbe essere il suo “maestro” non gli insegna più niente da mesi; non è che non abbia più niente da imparare, ma preferiscono farsi ingaggiare da qualche birreria, eseguire una decina di canzoni serie, abbandonare gli strumenti e cantare stornelli sporchi della nostra peggiore tradizione con gli altri nel pub. Dave, si pronuncia “Deiv” con un G# che sale di mezzo tono alla “V”. Soffre di una latente misoginia che non gli permette di rapportarsi in maniera sana con l’altro sesso, anche se risulta alla fine involontariamente affascinante; in fondo è carino e disponibile anche con le creature del suo diniego.

- I miei vestiti hanno bevuto già abbastanza del tuo G.Lemon la volta scorsa; grazie comunque, sarà bello pensarti riverso nel fango all’alba -

Ah, dolce voce senza barriere espressive. K odia non potergli rispondere a tono. Gli sta simpatico, ma non vuole darlo a vedere per non offrirgli tutta questa attenzione. Non chiede di lui quando non c’è ed è l’ultima a voltarsi se è in giro, però alla fine cede ed è quella che più lo sprona. Pholiae lo tollera, fino a quando non lo tollera più. In quel momento lo colpisce forte o gli scaraventa qualcosa lontano, poi lo rimprovera e infine gli sorride, e D con quel sorriso diventa quieto, torna mansueto. Visto che oramai siamo in tema di presentazioni e non sono maleducato vi introduco a TeraByte, occhialuto intellettuale tendenzialmente solitario con tratti schizofrenici, esperto nel bacare i server dei professori che non l’hanno saputo valorizzare nel corso dei suoi Anni Accademici; IsoCore, rivoluzionaria ragazzetta dagli alti ideali, vita sana anche se vegetariana, sesso e droghe, che si accompagnerebbe volentieri a JA, ma costantemente rifiutata dalla sua lentezza alienata; Ordas, contadino civilizzato della WestCoast, appassionato e rotondeggiante fauno naturalista, potenzialmente ma inconsapevolmente innamorato di K; ultimo esemplare Nefasto, cultista del Sabato sera e attivista nelle principali confraternite di conoscenza arcana assoluta, stranamente socievole e molto disponibile a condividere le [poche] grandi Verità che ci sovrastano. Ma torniamo a K.

Nessuno scrive, impara a suonare la chitarra o si droga perché l’ha ordinato il dottore. Se uno scopo nella Vita c’è tutti [tranne D] lo conoscono: accoppiarsi senza riprodursi. Istinto? Probabile. Preferisco chiamarla Ispirazione. A volte non ci credo, ma non è così semplice: non è solo una questione di Sesso, è più come sentire il suo respiro lungo la tua epidermide, tesa a recepire ogni molecola d’aria che possa sfiorarvi entrambi, è sapere che ti precede di un passo mentre tu ti stacchi da terra, è illudersi che nelle sue parole ci sia tu, da qualche parte. Lo scopo quindi è quello di uscire allo scoperto e rivelarsi piano, lasciandoci assorbire dall’altro e facendoci noi stessi spugne per tutto ciò che ci sarà concesso. Il risultato: Delusione. 7 volte su 11, è dimostrato. Ma intanto abbiamo provato, è nessuno si arrende al primo tentativo o si intestardisce sul solito soggetto. Non sempre, ma in questo caso, Si. Alle Elementari lo chiamavamo “Amichetti del Cuore” - alle Medie “Cotta” - alle Superiori “Te la Vuoi Scopare” - all’Università “Relazione” o “Aperitivo”. Adesso si chiama K, almeno per me. È un Ossessione che ti annebbia il cervello, e rischi di mandare ‘affanculo [quest’espressione la devo usare per contratto] tutto prima che la tua Illusione si muti in Delusione e poi in Conclusione.

- Hey… Signor Distante? Hai deciso che non facciamo più parte del tuo Pianeta e adesso ci ignori per dimostrarci superiorità. Vile tiranno colonizzatore capitalista, vedi di tornare e darci un idea per un bel tema da seguire per questo mese. Ti ricordo che “Suicidio”, “Apocalisse” e “Orsetti Rosa” li abbiamo già usati, quindi inventati qualcosa di buffo. Veloce. - IC, chiarissima.

- Ma è chiaro… questo mese parleremo di “Illusione”. Trova qualcosa tra i tuoi archivi reazionari riguardante gli ideali più o meno compiuti dei tuoi eroi. O, tu devi farmi una ricerca su Piante Allucinatorie e procurarmene un paio, JA a te scoprire chi soffre nel nostro schifoso borgo di Depressioni e Crisi e perché. N, a te la ricerca del fondamento delle nostre Paure inconsce e la visualizzazione di tali spettri: casi DOCUMENTATI, ok? P, belle fotografie, tempi d’esposizione lunghi, luci strane: riporta in Vita qualcosa di sopito. K… mi fido di te, portami una Storia delle tue, un bel classico introspettivo, hai carta bianca. - Sguardi stupiti su di me, che faccio da mentore e Compositore Esecutivo.

- Beh, che ne dite? Mi sembra un bel tema… - Quando parlo sono convinto di ciò che dico. Di solito il problema più grosso è convincere gli altri. Ma stavolta è diverso. Ho fatto presa, una tacca in più nella stretta colonna dei successi.

Devo aver sbagliato qualcosa perché mi ritrovo invischiato nella narrazione di un fatto, e mi ero proposto di non essere così specifico e situazionista. C’è da dire che il dialogo di solito tiene viva l’attenzione, così che da adesso ho ancora mezza pagina di riflessioni da proporre prima che mi chiudiate nella cartella dei file da dimenticare. Penso che a volte manco te l’aspetti che le cose prendano una piega così inaspettata. Fino a un anno fa eravamo semi-sconosciuti riconosciuti dagli sguardi attraverso le aule affollate, oppure a mensa, per strada. Un volto, piacevole agli occhi e inarrivabile perché lontano dai progetti quotidiani, un “Se” tra gli “Adesso Devo” e i “Sono in Ritardo”. Di solito un individuo mediamente stressato è troppo occupato per occuparsi di come sarebbe il resto della sua Esistenza SE ti conoscesse. Poi un giorno P ti porta nella nostra sala controllo e ti riconosco consapevole che mi riconosci nel nostro non conoscerci, e poi ti presenti. K. Il tuo nome non rievoca nulla se non una passeggiata in un momento non preciso, eppure ti sei appena scavata un posto nella memoria dove stare per il Futuro prossimo. Sei stata accolta quando ci siamo accolti tutti a vicenda; non c’era ancora niente quando 8 maggots di periferia si sono incontrati tutti assieme per una volta pensando che sarebbe potuto succedere di nuovo e che forse potevamo anche darci una mano e costruire qualcosa di “nostro” [è veramente strano fare discorsi pseudo-nostalgici su cosa mai avvenute -NdA-]. È così ti abbiamo conosciuta; per un momento è decisamente poco importante che gli altri ti conoscano: io ti conosco e vorrei poterti conoscere ancora. Cos’è che ha fatto scattare l’interesse che mi ha condotto fin qua di fronte per scrivere cos’è che non va, proprio non va? Il modo in cui ti sei mossa nello spazio che avevi occupato in me: delicata ma decisa, con una passione che brucia senza che tu ne lasci trapelare i barlumi, semplice e spontanea, come mi hanno detto che non riesco ad essere [maledettamente artificioso], simpatica. Che non stona in mezzo a tutta questa sublimata descrizione. Tronchiamo la Poesia, mi s’è spappolato il cervello e collassato il fegato, e adesso ti guardo e resto immobile e sembro più scemo del necessario. Non ne ho parlato con nessuno tranne che per fugaci accenni translucidi in momenti di Follia controllata, e siccome all’incirca ho usato questi termini nessuno ha capito [tranne D] cos’era che mi turbava. Io e O ti contendiamo senza dircelo [lui manco lo sa di essere attratto, è il fauno in lui a fargli emettere strani rantolii quando ti vede] e sembra che tu non lo noti nemmeno. Per voler essere precisi e sinceri, non è che “sembra”: secondo me non te lo immagini minimamente il movimento di cuori e stomaci che c’è al tuo passaggio. Non penso tu sia abituata ad avere ammiratori segreti che collassano alle tue spalle a corto di fiato; vivi il tuo essere ragazza come approssimazione, senza esaltare ma meno che mai sminuendo, con piccoli particolari che ne tralasciano altri in una distratta imperfezione che si avvicina ad una Bellezza ideale.

Cercare di farmi avanti potrebbe essere una soluzione alla mia sensazione di stallo, nonché un compimento, un momento decisivo in cui tramutare il nostro viverci paralleli? Sarebbe troppo facile, scontato. Desidero prenderti alla sprovvista, lasciare rispondere alla tua espressione sopra al fiato mozzato, interpretare il tuo silenzio. Ho imparato a osservarti ogni volta che sei di spalle, per una volte potrei incrociare il tuo sguardo nel mio e restituirtelo mutato. La Fantasia è la consolazione e ciò che più mi blocca: idealizzare la nostra eventuale relazione, dal suo principio fino alla conclusione, fa evaporare le nuvole, eppure riesce a piovere lo stesso, perché infine la “Situazione Ideale” non si presenta mai, e io mangio le unghie mie e degli altri, pensando a quanti attimi fuggenti non colti sono già passati.

Quando mi sveglio di nuovo sono da solo in mezzo alla strada. Una serie di Flashback mi riportano alla mente che tutti gli altri se ne sono andati annuendo allegri alla mia ispirazione mensile. Io ho sorriso salutando e agitato le mani, ma dov’ero in quel momento? K, che frase banale avrò usato questa volta per congedarci? Dovrei essere più presente e meno Strim of Consciusness, ma le digressioni sono fondamentali per dare al lettore una panoramica generale dell’argomento trattato che va piano delineandosi. Mi giro e torno sui miei passi disorientato, quando il mio nome urlato non troppo forte riempie l’aria circostante.

- Dove te ne vai? Ti avevo detto che andavo a prendere un caffé e hai annuito, ma sembravi in trance. Stai bene? …caffé? - Mi guarda sorpresa, colta alla sprovvista senza essere offesa. Io annuisco e vorrei tornare nel mio cervello per estirpare a mano tutti i momenti in cui do prova inequivocabile della mia alienazione. K mi tende il suo bicchiere di plastica cancerogena semivuoto. Io annuisco ma dal modo in cui lo faccio lei capisce che sto rifiutando.

Mi chiedo spesso a cosa pensi quando mi guarda interrogativa, sorridendomi affatto imbarazzata. Al momento non me ne curo troppo; se sono stato capace di farci rimanere insieme in un momento di totale annullamento sto facendo progressi. Facciamo qualche passo in silenzio diretti verso nessuna direzione; lei sorseggia il caffé bollente che scioglie le orribili sostanze del bicchiere, nessuno dei 2 sente il bisogno di dire una cazzata, per adesso. Ci passano accanto un paio di ragazzi anche loro silenziosi visibilmente affaccendati, visibilmente fidanzati; in questi momenti sembra si crei la necessità di distinguersi nettamente da queste forme di Vita demoralizzata.

- Ma non lo sai che la plastica è cancerogena e il caffé delle macchinette lo fanno con la farina ossea… - uno ci prova ad essere simpatico, ma il compito è arduo.

Lei mi guarda e tende nuovamente il bicchiere; lo prendo e sorseggio lentamente, assaporando ciò che rimane delle sue labbra sul bordo, poi glielo restituisco e fingo di morire su una delle panchine che accompagna il nostro camminare. Credo che nel fare ciò mi esca accidentalmente della saliva da un angolo della bocca [alle volte il mancato attore in me fa una comparsata per rendermi ridicolo]; non credo se ne sia accorta, perché mi si siede accanto per nulla disgustata dalla mia idiozia e mi chiede se quello che non va nel mio cervello e anche ciò che mi fa venire delle belle idee per il giornale; annuisco esaltandomi segretamente per il soffuso complimento. La temperatura esteriore è di circa 21°C, quella dentro di me invece sta aumentando, segno inconfondibile della propagazione emotiva e dell’imminente vergognoso copioso sudare, e conseguente odorazione. Guardo dei fabbricati in costruzione e penso che alla fine deturpare il territorio non è una cosa così terribile se lo sfasciamento si contiene all’interno del centro urbano; nella mia filosofia i beni storici che dovrebbero essere protetti sono i boschi, le cascate e gli animali di tutte le taglie che si sottopongono al mio obbiettivo. Divagando cerco un argomento.

- Te piuttosto, hai già in mente qualcosa su cui scrivere? - E vai: dimostrazione di interesse e passaparola.

- L’Illusione è un bel tema su cui cimentarsi, penso che mi prenderò un po’ di tempo nei prossimi giorni standomene a casa a sorseggiare the, aspettando, osservando i confini del mondo percettibile squagliarsi e rivelare quello che c’è e che non si può vedere se non si è me -

- Bello, FantaPsichedelia! Ci metti anche dei mostri giganti che sputano veleno? - Il mio intento buffonesco rischia di scadere nella stupida non voluta provocazione; un Dio sconosciuto ha fatto si che la sua attenzione fosse rivolta altrove, verso due cipressi particolarmente infelici: il primo è drittissimo e sottile, di bellezza classica; il secondo deve aver sofferto per una crisi di identità davanti al compare, poiché dai loro tronchi che praticamente si toccano si piega in una concavità che va allontanandosi per poi ritornare indietro fino a toccare con la punta il primo. Non so se mi sono spiegato, comunque K è distratta, vaga un po’ alla ricerca di un senso nella Natura e poi, tornando indietro, si volta verso di me: questo è il suo modo d’essere che mi fa impazzire.

- Certo, sicuro… te invece cosa farai in queste serate? Andate da qualche parte con D? Ogni tanto dovremmo organizzare un pranzetto redazionale con vino pomeridiano a 4°C e salatini, e vedere chi gattina per primo -

- Organizzazione… tempo che manca… cercare di dormire e il mattino dopo cercare di svegliarsi… dedicarsi all’emancipazione di se stessi… inseguire i sogni. Se ci impegniamo però potremmo anche farcela -

- A proposito di tempo che manca… avevo detto alla mia coinquilina che andavamo insieme a fare la spesa. Me ne ero completamente dimenticata. Che ore sono… le quarteunquar… ce la faccio a raggiungerla al Supermercato se mi sbrigo. Scusa, la finiamo uno di questi giorni la chiacchierata. CIAO! - e così scappa via. Si alza una brezza leggera e piacevole mentre scompare dietro a un palazzo. Io guardo nella stessa direzione e alzo la mano per salutarla, ma l’unica reazione che suscito e l’ilarità dei 2 tipi di prima che stanno ripassando in direzione opposta; che bello avergli migliorato la giornata. Non credo che finiremo nessuna chiacchierata, io non ho il numero del suo cellulare e mi vergogno troppo di mandarle una mail intitolata “allora, per quella chiacchierata?”. Meglio andare a sentire D e affogare i dispiaceri per stasera.

Le ore passano inesorabili senza che combini niente; faccio una passeggiata intorno casa, do un occhiata a un libro di un poeta mezzo maledetto e sconosciuto, faccio uno spuntino pistacchi e latte, penso, scrivicchio, divago. È passato molto tempo dall’ultima Sbornia Emotiva, non sono più abituato a questa sensazione di dispersione mentale che fortunatamente permette di riposare il cervello e lo drena dal superfluo [cioè tutto il resto]. Era stata una ragazza due anni più piccola di me, in TerzaSuperiore, a destare le mie Sensazioni di adolescente imbranato; imbranato perché sono riuscito al massimo a farla impaurire, avrà pensato che ero uno psicopatico morboso e ninfomane [e in fondo poteva non avere tutti i torti]. Le mie storie dispersive hanno riempito gli anni ma non il cuore [e infine, dopo migliaia di parole scritte invano, anche io ho finalmente e consapevolmente ho scritto “cuore” per intendere una lunga schiera di Sentimenti Positivi… Evviva l’Amore] di esperienze vissute arrampicandomi sugli specchi, illudendosi che ciò che desideravo lo avevo già, togliendomi Energia. Adesso che mi ricordo cosa succede a vederla capisco perché non si può essere innamorati a costrizione. Ma torniamo a D.

Il tempo passa secondo i miei canoni, e adesso io e N siamo al “Paninaro” a scapellare [lui più di me] per il blues-man che sta già eseguendo una versione a’cappella di “House of the Rising SUN”.

- Der is aaus in niù orlins… dei colli offde raisin Zan… - e agitiamo i boccali scandendo le strofe con la schiuma della birra che si deposita sui jeans e si assorbe lentamente. È passata anche O a salutare per darci degli sfigati cronici e scroccare un sorso di birra.

- Ah, che triste è la Vita: io sono perso… PERSO. E lei sembra non volerlo capire… - Guardo il boccale, ma il mio interlocutore è N, che pazientemente cerca un modo di tirarmi su di morale anche se io non sono poi così triste; in fondo sono con gli amici e la birra a sentire canzoni stonate.

- Ma te gliel’hai detto? - E la risposta la sappiamo e tanto vale ordinare un altro boccale e unirci ai cori. Non è molto che conosco N, e comunque finora non l’ho mai visto con una ragazza; c’è che è timido peggio di me, e mentre io di Passioni e Dolori faccio un comizio continuo, lui è un po’ schivo. Colpa della Conoscenza e delle Sette… delle Otto, non saprei di preciso. Vorrei non dover essere io a pesargli addosso, ma condividere la sfigataggine dei post-20’s.

- Dove l’hai messa la stinfia? Anche stasera non si tromba, eh? - “Aus of deRaisin San” è finita. D infierisce, e non mi dispiace. In realtà è un modo per darmi forza, o almeno io lo recepisco come tale.

- Io no di sicuro, ma te ugule! - E tutti insieme alziamo i boccali brindando forte.

Forse un giorno allungherò la Storia o le darò un’altra Conclusione, ma adesso è tardi e la voglio finire, quindi passiamo alla L4ST-SCEN3. Ciak! Azione.

Oggi è il giorno dopo. Mi sveglio con la bocca arsa e amara, ma piuttosto soddisfatto; peccato che le Profezie di D si siano avverate. Oggi non ci sarà veramente nessuno in giro, e io stesso non ho molta voglia di socializzare; mi piace dopo una sbornia allegra avere un giorno per riprendermi silenziosamente, lentamente con i miei tempi molto dilatati. Sono lento ma non me ne sono mai fatto una colpa, sento che il mio bioritmo è piuttosto fragile e non devo sforzarlo troppo. Il mattino è inesistente, il pranzo consistente, il pomeriggio deprimente, la foto di un serpente, la cena vagamente, la sera rapidamente esco di casa e vado verso città. Stasera c’è una forza sconosciuta che mi traina verso un piccolo appartato parchetto dall’altra parte della città; la notte è fresca senza essere troppo pungente, le stelle scompaiono sopra i lampioni, la Luna sorride, e io penso a K. Probabilmente sarà assorta nel suo vagare onirico a occhi aperti, e non ci sarò io dalla parte opposta dei suoi pensieri. Camminando scandisco il tempo dettato dal lettore Mp3 sintonizzato su una Lali Puna elettricamente docile; mi lascio cullare, mentre le occhiaie del post-sbronza iniziano a scomparire facendosi però molto più pesanti. Canticchio, alzo la voce nell’incontrare sconosciuti, preso da sprazzi di mania di protagonismo che mi permettono di disinteressarmi a ciò che potrebbero dirsi, facendo si che per un attimo la loro distrazione si focalizzi sul mio egocentrismo latente. Accenno qualche passo di danza del ventre [di per se la frase non sta in piedi] ma la buzzetta alcolica che ho così arduamente conquistato con gli anni mi fa sembrare una pera che circumnaviga il suo baricentro. Sono sempre innamorato e i pensieri fanno avanti e indietro senza meta lungo le sinapsi inebriate; questo è il genere di sensazione che solo una notte ti può regalare, una notte in cui per un momento posso anche permettermi l’illusione che anche lei mi stia pensando e le nostre immagini surreali possano riunirsi in un Altroverso solo nostro. Il parco si intravede nel fogliame dei cespugli diradati dall’incuria del Tempo. Non sarebbe male essere qua con lei, anche stando zitti per gioire della reciproca vicinanza. Nonostante lei non usi profumi c’è il suo odore nell’aria, esattamente dove voglio sentirlo con le mie narici tappate dal perenne raffreddore. Un passo sulla ghiaia e sono dentro.

Il buio è semiprofondo, i lampioni si succedono distanti abbastanza l’uno dall’altro per lasciare piccole zone d’ombra in cui poter scomparire fino al Mattino. Il silenzio è interrotto a tratti da echi che si perdono con facilità, rendendo incomprensibile il suono di provenienza. A prima vista direi che non c’è veramente nessuno, ma la strada ghiaica percorre a zig-zag, e sono frequenti i cespugli alti e le panchine in disparte illuminate fioche da alcune luci nel terreno. Mi piace, in questa apparente solitudine non ci sono ladri o stupratori o spacciatori, solo falene e pipistrelli, un quieto benessere difficile da incrinare. Mi tolgo una cuffia e procedo a non più di 90 BPM, scandendo bene i passi, affondando nei sassolini, facendo vagare lo sguardo. Gli occhi scrutano l’oscurità e noto che non sono solo, ma ho fatto comunque un incontro fortunato [non COSÌ fortunato, che credete?]. D se ne sta immobile a guardare il cielo davanti a me su una panchina a un cinquanta metri di distanza, sembra piuttosto contento; c’è un cespuglio che mi nasconde parzialmente la vista, così esco dalla stradina e vado sull’erba per raggiungerlo. I miei passi diventano un danza silenziosa sui fili d’erba, se sono bravo riesco anche a fargli Paura. Mi avvicino cambiando prospettiva e noto che stasera dovrò rinunciare alla compagnia [ma non allo scherzone]: c’è una testa appoggiata sulla sua spalla, e non sembra volersi scollare. E bravo il Blues-Lover, lo vedi che a volte anche senza impegnarsi si raccatta! Chissà chi è e da quant’è che il nostro cantante ubriacone ci tiene nascosta una relazione. Altri passi, altre consapevolezze: i capelli di lei sono castani e lisci, tenuti mediamente bene; gli tiene una mano oltre la spalla, e ha un bella maglietta a maniche lunghe, Nera. Con i polsini più larghi e una fascia rossa all’altezza del gomito. Io la conosco quella maglia; nell’aria c’è l’odore di prima. Un altro passo, uno solo.

D si gira e lei lo guarda. Poi si baciano. Lei ha un neo piccolo piccolo sulla guancia sinistra; io da questa distanza non posso vederlo, ma so che c’è, perché so chi è che fa parte di questo Bacio. C’è K oltre il loro unirsi. Ci sono K e D che formano un'unica entità davanti a me. K e D. Un altro passo.

Chi ha letto qualcuna delle mie storie si aspetta che a questo punto il nostro protagonista mette un passo dopo l’altro e correndo si avventa sui 2, dilaniandoli a morsi per poi scomparire nella notte senza mai più fare ritorno nel mondo della Luce. Eppure, per una volta, non va così.

Dopo un buon minuto e mezzo di apnea si staccano e lei lo guarda, rapita. A lui sembra fregare il giusto, ma perlomeno sembra un po’ coinvolto. Non sento più gli strani rumori; rimango immobile mentre loro ripetono l’operazione altre volte, completamente noncuranti del Mondo circostante. Il motivo mi sembra valido. Chiudo gli occhi. Evito le scene di corsa folle in lacrime, troppo cinematografico. Però mi volto, perché devo andarmene e non voglio camminare all’indietro. Non ci sono pensieri, solo una costante sensazione di disagio, e c’è un solo posto che può lenirla. Riapro gli occhi e cammino, con costanza, rimettendomi la cuffia e tornando a marcare ogni passo, ripetendo ogni strofa, guardando vago il Pianeta. Non c’è nessuno tra me e il ponte.

Niente suicidio, anche perché non è così alto da concedermi la Morte. È il mio luogo di annullamento, dove nessuna mi chiede un motivo per esistere; meglio così, non ne avrei. Passano le macchine sotto di me e so di essere sospeso sul resto del Mondo, senza fine apparente il mio esitare statico. Vorrei poter parlare attraverso i pensieri, ma non ne ho, non ne voglio. La mia generazione soffoca ciò che è sbagliato, quello che non ha motivo d’essere; c’è chi la chiama Illusione. Passano le ore negli orologi di chi deve rispettare il tempo mentre osservo le luci scomparire tra le mie palpebre. K è nel buio dei miei occhi sigillati.

K.


:nOis3.g4te:
22 Aprile 2007

1 commento:

daniel ha detto...

Scrivi molto bene amico mio...complimenti per il bel delirio^^