lunedì 16 febbraio 2009

MiX_HER

[OST: faithless - god is a Dj]

Sono il secondo shot di rum. Sono la breve alternativa al tuo coraggio, e mi finisci in un sorso; pensavo ti piacesse gustare a lungo le tue sconfitte relazionali.

La pista non è calda, giusto tiepidina, troppa distanza tra le persone, ancora poco sudore, musica ad un volume accettabile. Inaccettabile. Non è un problema, a quanto pare te la cavicchi a ballare, per come mi dimeni dentro al tuo stomaco potresti quasi essere sexy. In realtà fai ridere, ma non sono risate denigratorie, sei buffo mentre fingi di tenere gli occhi chiusi per dimenticare che non sei solo a fare il cretino, che non sei l’unico a far oscillare pericolosamente il bicchiere con mio cugino e la coca-cola: un’unione terribile, lui odia le multinazionali. Stasera non guidi, stasera è San Valentino, stasera potrai porre fine al tuo attorcigliamento nello stomaco. Un pezzo house che non conosci, quindi un qualsiasi pezzo house, ti entra con i bassi nella pancia, mi fa vibrare aritmicamente a 135 battiti per minuto: rum shakerato con succhi gastrici, da veri intenditori. Quanto può durare questa musica prima che tu apra gli occhi e ti perda, preda che nessuno vuole cacciare? Ti ho dato un’occhiata mentre mi ordinavi al tuo amico barista, il vecchio maestro di cocktailosofia con cui hai condiviso un paio di bevute: sembri carino senza esagerare e insicuro, vestito di nero per far paura a te stesso, più o meno somigliante a ciò che volevi diventare qualche anno fa. Complimenti, ce l’hai fatta, a quando desiderare qualcosa di cui ti importa davvero? Sei troppo concentrato su te stesso, mentre bevi, osservi, balli; la gente se ne accorge, non riesce ad entrare nel tuo perimetro senza avere il timore di violare un ego. Inizi a percepire la mia presenza, ti si sono scaldate le guance e sembri più disinteressato al resto del mondo, tattica vincente se sono gli altri ad applicarla.
Una vecchia amica ti viene incontro, ma definirla vecchia sembra fuori luogo: non ha età, stasera è in tiro e non può dimostrare di essere coetanea con qualcuno tra i presenti, deve essere oltre. A suo modo ci riesce: seni gonfi che vogliono accecarti con i bottoni in procinto di saltare da una camicetta troppo tirata; ha anche un bel sorriso. E poi le donne si chiedono perché gli guardate le tette. Ti saluta, fate cicicici per un attimo, non è lei a cui ambisci, ma il fatto che abbia delle amiche può aiutare. Da vero gentiluomo la fai andare avanti, gli airbag respingono i ballerini di troppo che nella pista provano ad avvicinarsi per tentare un approccio che sa di fiatella alcolica per overdose di negroni. Eccole, tre grazie convulse in preda ai deliri di una settimana di studio che deve essere compensato troppo velocemente con una serata a base di maschietti in fibrillazione. Saluti sorridente, menti quando ti chiedono se ti ricordi di loro. Quante volte ancora dovrai presentarti già ubriaco? Non è importante, sbrigate le formalità burocratiche potete riprendere le consuete convulsioni godendo della reciproca compagnia. Tieni i loro nomi in mente per qualche secondo ancora, poi li lasci andare di nuovo, si impregnano nella camicia; per fortuna inizierai a puzzare solo fra qualche ora [vorrei ringraziare pubblicamente l’evoluzione nel campo della detersione intima]. Tre aspiranti mediche, con la mia amica quattro, che prima o poi uccideranno qualcuno; se continuano a sdrusciarsi forse non manca molto. Un branco di pretendenti al trono si avvicendano nello sfiorare quei corpi in movimento perpetuo; qualcuno dura più degli altri, per qualche minuto c’è chi si illude pensando che stasera smetterà di essere solo. Ma basta poco, e con un cambio veloce di traiettoria nell’orbita dei glutei è già fuori dal cerchio, escluso dalla loro attenzione. Puoi quasi sentirti un eletto ammesso a corte, ma qualcosa, me compreso, suggerisce che nonostante tu abbia finito il cocktail rimarrai a bocca asciutta. Da principio mastichi i riccioli di una delle tre; non sono male, shampoo ai frutti di bosco con una punta di balsamo alla peperonata. Sembra che ci stia, le dita quasi sfiorano i fianchi che hanno apparentemente una buona risposta la tatto, il vestito di un colore indecifrabile non contiene un corpo in procinta di esplodere. Le braccia si sfregano, ma a quanto pare non parte la scintilla decisiva, e ritorni a ballare solo senza aver capito dove sia potuta scappare.
Ti guardi attorno mentre riprendi la percezione del tuo corpo e ti ricordi di me, non ti sono ancora andato giù del tutto. In giro su di giri un sacco di gente che ti piacerebbe conoscere, e non solo per infilarci la lingua dentro: ci sono taglie oversize stipate in vestiti di lycra e speranza di non strapparsi, capelli rocciosi di strati di gel e sperma, nerd riconvertiti da amici che se li portano dietro per sembrare più belli, aspiranti veline che non hanno idea di cosa siano le mestruazioni e di quanto siano scomode quando devi darla a un produttore televisivo, nostalgici di anni che non hanno mai vissuto, fotografi amatoriali che immortalano un momento di noia per poter raccontare domani agli amici quanto si sono divertiti tutta la sera facendo facce torte davanti a un cellulare. In un angolo c’è una ragazza molto carina attaccata a un ragazzo decisamente rivoltante; la solita gelosia del single, direte voi. Col cazzo: la mandibola di questo tipo pende in modo inquietante, ha gli occhi a mezz’asta, la barba sfatta e nella consistenza dell’epidermide ricorda vagamente il gorgonzola. Qualcuno mi vuole spiegare perché ti sei messo la camicia pulita? No davvero, se questo è il risultato meglio stenderne una con la t-shirt che ti sei messo lunedì senza più farne a meno fino a oggi pomeriggio, quando ti si è palesato che hai una insana dipendenza dalla carne. Pensavi che la discoteca fosse una soluzione? Non ci sei neanche vicino, come sei mille miglia lontano da un qualsiasi creatura che possa sviluppare attrazione nei tuoi confronti. Afferri la felpa, l’autocommiserazione e il tuo amico in procinto di laurearsi e ve ne andate. ‘fanculo, tanto la medica non sai neanche che faccia avesse.
La meta è a casa di un amico che sa trovare soluzioni semplici. Il fine serata dev’essere più o meno a base di nebbia, ti sento un po’ frastornato e ti vibrano i centri nervosi anche senza musica. Il tuo livello di coscienza si abbassa nell’arco di tre respiri, il coefficiente di autodistruzione invece sale di una tacca. Chiudi gli occhi ma non mi sembra tu stia per dormire. Gli altri ti guardano e sorridono, prevedono qualcosa che tu ancora non sai, eppure inizi a immaginartela, e forse sono passati 2 secondi, forse una vita quando ti alzi e con passo deciso [beh, più o meno] ti dirigi verso il bagno.
E qua ci incontriamo, ancora. Input _ Output. Di nuovo all’aria aperta, non sono tornato con la famiglia, ma in compenso sono sempre in compagnia dei tuoi succhi gastrici. E ti osservo, anche se eri più bello visto da dentro. Sembri confuso e verde pallido, probabilmente però non sei sempre così, ci siamo conosciuti in una serata speciale. Una notte in cui forse non volevi portare me dentro un cesso, una notte che comunque vada ti rivolta lo stomaco e ti contrae la bocca, ti fa stringere i denti, per non perdere tutta la realtà in una volta sola. La realtà non è affidabile, e se vuoi riprenderti lo dovrai fare da piegato su un cesso, è da qui che bisogna ripartire. Forse puoi farcela, non subito certo, ma forse te la caverai. Non vergognarti, qualcuno ha già tirato lo sciacquone al posto tuo, che stai tremando e sbavi. Non è un modo carino per salutarci, ma capisco che è l’unico di cui disponi al momento. Prima di andarmene ti vedo sorridere, forse hai intenzione di raccontare questa storia a modo tuo, forse pensi che hai ritrovato il tuo habitat naturale, forse non pensi a niente ma trovi che sia buffo avere 22 anni appoggiati alla tavoletta del WC. Ancora una volta.